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LASAGNE ALLA CREMA DI ASPARAGI E PROSCIUTTO COTTO
LASAGNE ALLA CREMA DI ASPARAGI E PROSCIUTTO COTTO

Ingredienti

  • Fogli di lasagna già pronti
  • 200 gr di prosciutto cotto
  • 200 gr di raspadura circa (formaggio tipico lodigiano)

 

Per la besciamella:

  • 1lt di latte di riso al naturale non zuccherato
  • 80 gr d’olio evo
  • 80 gr di farina di riso
  • 1 pizzico di noce moscata
  • Sale q.b.

 

Per la crema di asparagi:

  • 2 mazzi di asparagi
  • 200ml di panna di riso
  • Olio evo q.b.

 

Procedimento

Per la crema di asparagi: lessate gli asparagi, scolateli, mettete in un mixer. Frullate insieme ad un cucchiaio di olio evo e la panna di riso. Aggiustate di sale e pepe e lasciate da parte. Ora prepariamo la besciamella: versate il latte in una pentola e riscaldatelo, portandolo quasi ad ebollizione. Quindi unite l’olio extravergine e la farina di riso un cucchiaio alla volta. Mescolate accuratamente con una frusta e mantenete la besciamella sul fuoco fino a quando non avrà raggiunto la consistenza desiderata.  Insaporite con un pizzico di sale e noce moscata. Ora assembliamo la lasagna e nel frattempo preriscaldate il forno a 200°.  Sporcate il fondo di una pirofila con due cucchiai di besciamella, adagiate i fogli di pasta, ricoprite con la crema di asparagi, con la besciamella, prosciutto cotto, raspadura e ancora i fogli di pasta. Procedete in questo modo fino ad ultimare gli ingredienti: con queste dosi usciranno 4 strati.  Spolverata con abbondante raspadura, un filo d’olio evo e infornate per 30 minuti: sopra deve formarsi quella deliziosa crosticina croccante e dorata.
Fate raffreddare qualche minuto e portate in tavola!

CASTAGNOLE AL FORNO (senza glutine e senza lattosio)
CASTAGNOLE AL FORNO (senza glutine e senza lattosio)

Carnevale si avvicina e rinunciare ai dolci è davvero impossibile! Io vi consiglio di provare a realizzare le castagnole… vedrete che successo in famiglia! Questa è la mia ricetta delle castagnole senza glutine e senza lattosio, cotte al forno.

 

Ingredienti

  • 200 gr di mix di farine senza glutine
  • 1 uovo
  • 80gr di zucchero semolato fine
  • 40gr di burro senza lattosio
  • 1/2 bicchiere di latte di soia ( o di vino bianco)
  • 1/2 bustina di polvere lievitante senza glutine
  • buccia grattugiata limone q.b.
  • zucchero a velo senza glutine

 

Procedimento

  • In una ciotola unite il mix di farine con lo zucchero e il lievito. Unite le uova e il burro morbido e impastate velocemente il tutto sino ad ottenere un impasto omogeneo. Aggiungere il latte e la buccia grattugiata del limone. Fate una palla, avvolgete nella pellicola e lasciate riposare in frigorifero per 30 minuti.
  • Riprendete l’impasto e create tante palline di pasta grandi come una castagna, fatevi aiutate dai bambini. Disponetele su una placca foderata con carta forno leggermente distanziate l’una dall’altra perché durante la cottura lieviteranno un pochino (cosa che non mi era successa la prima volta).
  • Infornate in forno caldo a 200° per circa 10/15 minuti: devono ben colorarsi. Spolverate con zucchero a velo.
Patate. Come conservarle senza farle germogliare
Patate. Come conservarle senza farle germogliare

Oggi parliamo di patate e di come conservarle nel modo corretto per evitare la formazione di germogli e non rischiare inutili sprechi.

 

Le patate sono fra gli ortaggi più amati e utilizzati in cucina, grazie al loro gusto inconfondibile e alla loro versatilità. Sono sempre presenti nelle nostre dispense, ma capita spesso che sviluppino i germogli, che si anneriscano o che marciscano velocemente. Per evitare di doverle buttare a causa di queste incombenze, è importante seguire alcune regole.

 

La scelta

Quando fate la spesa, scegliete le patate che non presentano tagli o lesioni e una volta tornati a casa, riponetele in un sacchetto di carta o in un contenitore; se invece le avete acquistate nella classica rete, lasciatele al suo interno.

 

Dove conservarle

Per evitare la formazione di muffe, prediligete un luogo areato, ma soprattutto buio, poiché l’esposizione alla luce o al sole favorirebbe lo sviluppo di macchie e di solanina, una tossina naturale che in elevate quantità renderebbe il tubero non commestibile. Nel caso in cui fossero presenti piccole chiazze verdi, rimuovete la parte interessata prima di passare alla cottura.

 

La temperatura di conservazione ideale si aggira fra i 4 e gli 8 gradi, per questo le patate non vanno assolutamente conservate in frigo. Il freddo, infatti, trasforma gli amidi in zuccheri, alterando colori e sapori naturali.

 

Inoltre non è possibile congelare le patate crude, in quanto le temperature al di sotto dei 4 gradi le renderebbero non commestibili. Potete fatelo solo dopo averle cotte e raffreddate correttamente. Anche il caldo è nemico delle patate, difatit le temperature al di sopra dei 10 gradi potrebbero stimolare precocemente la formazione dei germogli.

 

Altro fattore importante per una corretta conservazione, l’umidità, che deve aggirarsi fra il 70 e l’80%: se il luogo prescelto è troppo asciutto, le patate rischiano di disidratarsi e raggrinzirsi; se c’è troppa umidità, potrebbero formarsi delle muffe. Mai lavarle, infatti, prima di metterle in dispensa!

 

A somme fatte, quindi, la cantina parrebbe uno dei luoghi migliori per conservare le patate. Se non ne avete una a disposizione, andrà benissimo anche una dispensa che aprite raramente, lontana da fonti di luce, calore o umidità.

 

Si possono mangiare le patate germogliate?
Dipende. Se la consistenza è ancora compatta e i germogli sono di piccole dimensioni, basterà eliminarli e consumarle nel minor tempo possibile. Se invece sono presenti molti germogli, di grosse dimensioni, e le patate si presentano rugose, allora è meglio non mangiarle. Per evitare che questo accada, controllate ogni tanto le patate e rimuovete i germogli prima che inizino a crescere.

Tentacoli di Totano Gigante e Patate “Ajavdè”
Tentacoli di Totano Gigante e Patate “Ajavdè”

Sulla nostra tavola il pesce non manca mai, lo preparo più volte alla settimana, perché è sano e nutriente, ma spesso il tempo è tiranno, tutti andiamo sempre di corsa e una volta arrivati a casa ci vogliono ricette semplici e veloci, per cucinare dei piatti gustosi, ma in poco tempo.

 

Un’idea buona a volte ci salva una cena. E siamo sicuri che sia possibile? Una bella sfida, come quella della Cooperativa Ajavdè di Pizzoferrato (Abruzzo), di cui ho utilizzato le patate rosse per questa ricetta! Certo che si può, eccone qui un esempio: vi lascio la mia idea per una ricetta “speedy express” che ha veramente sorpreso i miei commensali per il suo sapore morbidissimo e delicato.

 

Ingredienti

(dosi per 4 persone)

  • 500 g di tentacoli di totano gigante già tagliato (surgelato)
  • 4 patate rosse (io ho usato quelle della Cooperativa Ajavdè)
  • 2 cucchiai di concentrato di pomodoro
  • ½ bicchiere di brandy
  • 1 manciata di prezzemolo fresco tritato
  • sale aromatizzato qb
  • olio extra-vergine d’oliva q.b.
  • qualche foglia di menta fresca

 

Procedimento

  • In una padella antiaderente (io ho usato il wok) mettete tre cucchiai di olio extra-vergine di oliva e dopo aver sbucciato e lavato accuratamente le patate, tagliatele direttamente in padella con lo sbuccia-patate in modo da avere le patate affettate a strisce sottili (e così cuoceranno in un attimo!).
  • Aggiungete ora il totano ancora surgelato, il concentrato di pomodoro e una manciata di prezzemolo fresco e lasciate cuocere coperto per una decina di minuti, fino a che il totano si sia completamente scongelato.
  • Irrorate con un po’ di brandy, lasciate sfumare per qualche minuto, aggiustate di sale e terminate la cottura con un giro d’olio a crudo e qualche foglia di menta fresca. Il totano resterà tenerissimo, saporito e davvero gustoso. Prestate molta attenzione però a non cuocerlo troppo, altrimenti resterà duro e gommoso. Il tempo di cottura è importantissimo per la perfetta riuscita del piatto!
Anche il Cibo Identifica un Popolo
Anche il Cibo Identifica un Popolo

Possiamo considerare il cibo un elemento culturale? Il fatto stesso che l’uomo non si cibi degli stessi alimenti nelle diverse parti del globo terrestre ci fornisce già una semplice risposta senza scomodare teorie socio-culturali.

 

Escargot à la bourguignonne

 

Ogni cultura ha un proprio codice di condotta alimentare che privilegia determinati alimenti e ne “vieta” altri; tale codice, non scritto, risente di fattori antropologici, geografici, religiosi, storici, nutrizionali.

 

Il nostro modo di mangiare fa dunque parte della nostra identità culturale: “Siamo quel che mangiamo” avrebbe detto Feuerbach.

 

Banalmente, associamo in modo immediato gli italiani alla pasta, i cinesi al riso, i tedeschi alla birra e ai wurstel, i francesi alla baguette e alle escargot. Cibi e bevande sono marcatori culturali molto potenti, ma le immagini alimentari associative appena elencate, sono troppo generali, anche se piuttosto azzeccate: all’interno di uno stesso Paese, gli alimenti utilizzati, la preparazione e gli indici sensoriali stabiliscono anche vere e proprie micro-mappe culinarie. Per esempio, in Francia le materie grasse sono marcatori regionali: la Francia del burro al Nord e la Francia dell’olio al Sud riflettono anche uno stile di vita diverso per molti altri aspetti. D’altro canto, in Italia la cucina meridionale si avvale della vicinanza del mare e basa i propri piatti sul gusto Mediterraneo; in luoghi come Sorrento, Napoli e la Costiera Amalfitana, in genere, si mangiano frutti di mare, invece, al nord Italia si mangiano più formaggi, carni e salumi per la vicinanza delle montagne.

 

L’aspetto culturale dell’alimentazione si esprime anche attraverso i riti e i divieti che la circondano. Ad esempio il peperoncino, in alcune società, è permesso solo in età adulta; in molti Paesi, alcuni alimenti a cui viene attribuita una connotazione virile sono riservati agli uomini, come il serpente in Asia.

 

Il cibo come elemento di appartenenza a una comunità diventa più forte laddove, uscendo dai confini nazionali, ci confrontiamo con la cultura alimentare di altri Paesi.

 

Amiamo la pizza, gli spaghetti al pomodoro perché ce li propongono sin dall’infanzia e per questo ci sembra strana l’idea di doverci cibare di un piatto di cicale o di un serpente fritto, tipico della cultura asiatica; facciamo colazione con il dolce e non con bacon e uova sempre perché ci è stato “insegnato”, ovvero trasmesso sin da piccoli.

 

Comunque sia, è affascinante scoprire realtà diverse dalle nostre, anche quando si tratta di cibo. Probabilmente ci sembra ancora strano vedere comunità africane mangiare con le mani, ma è meraviglioso scoprire e aprirsi al nuovo, alla storia di una comunità, alla sua cultura, alle sue abitudini alimentari e, nel contempo, acquisire una visione sempre più allargata della realtà che ci circonda.

 

Così entra in gioco anche il valore del viaggio, che è sinonimo di scoperta e di crescita.

Stinco di maiale al sugo
Stinco di maiale al sugo

Con la ricetta dello stinco al sugo voglio presentare una ricetta che coniuga un ottimo sapore a un prezzo decisamente contenuto.


Molti di noi si ritrovano ad affrontare difficoltà, chi con problemi di occupazione o, semplicemente, per il costo della vita.


Lo Stinco di maiale al sugo fa parte di quei tagli di carne che sono di minor pregio, ma non per questo meno saporiti! Con una buona marinatura e una lunga cottura a fuoco basso, meglio se in una pentola dal fondo pesante, si ottiene un ottimo sugo e un secondo morbido che piacerà a tutti.


Con il sugo si può condire della pasta fresca anche fatta in casa, come lasagne e tagliatelle oppure una più informale polenta!

Ingredienti
(dosi per 4 persone)

2 stinco di maiale
200 gr polpa di pomodoro
1 cipolla grossa
2 carote
Un pezzetto di sedano
2 rametti di rosmarino
1 foglia di alloro
Spezie miste macinate, q.b.
Sale
Olio evo
Per la marinata
75 cl di vino rosso
10 grani di pepe
2 chiodi di garofano
1 pezzetto di cannella
Metà noce moscata


Procedimento

Marinatura
In una pentola, scaldare il vino rosso con le spezie e, appena arriva al bollore, spegnere e fare raffreddare.

Pulire gli stinchi togliendo il grasso in eccesso, ma senza incidere la carne.

Immergere gli stinchi, facendo in modo che rimangano immersi nel vino.

Riporre in luogo fresco, o nella parte meno fredda del frigo, e far riposare per almeno un giorno, ma meglio due, girando ogni tanto.

Cottura
Il mio consiglio è di cuocere in una pentola dal fondo spesso, possibilmente in ghisa o in terracotta e di mantenerla coperta.

Togliere gli stinchi dal vino, asciugarli e tenere il vino da parte eliminando le spezie.hdr

Rosolare dolcemente gli stinchi nell’olio evo a fuoco basso, girando la carne per farla colorire da tutti i lati.

Tritare i sapori e unirli agli stinchi. Cuocere coperto per circa 40 minuti, sempre a fuoco basso.

Unire la salsa e proseguire la cottura per un quarto d’ora: se si desidera una maggiore quantità di sugo si può aumentare il pomodoro.

Versare circa due mestoli di vino della marinatura, le spezie e salare.

Coprire e cuocere per un’ora. Aggiungere la foglia di alloro e proseguire a cuocere per due ore circa o fino a quando la carne sarà morbidissima.

Se occorre, bagnare con altro vino.

Bucatini con Sugo di Seppia alla Pugliese
Bucatini con Sugo di Seppia alla Pugliese

Il sugo di seppie alla pugliese è un piatto tipico della tradizione gastronomica della Puglia, caratterizzato dall'uso di seppie fresche cotte in una saporita salsa di pomodoro.

Può essere utilizzato sia per condire la pasta, sia per accompagnare le seppie come secondo piatto, anche nella versione farcita con un ripieno a base di pane raffermo, pecorino e uova.

 

Per questa ricetta, abbiamo scelto di abbinare il sugo ai bucatini, un formato di pasta che, insieme ai troccoli, si presta perfettamente a trattenere il condimento in questione. Prodotti con semola di grano duro, sono tipici della cucina romana, ma ampiamente diffusa in tutto il Sud Italia, spesso nella variante degli ziti, dal diametro maggiore.

 

Le seppie appartengono alla stessa famiglia di polpi e calamari. Sono cefalopodi dotati di straordinarie capacità mimetiche e privi di una vera e propria conchiglia esterna, sostituita dall’osso di seppia, un organo interno ricco di bollicine di gas che le aiuta a galleggiare.

Vivono nei fondali sabbiosi e melmosi dei mari di tutto il mondo, compreso l’Adriatico, dove si distinguono due specie principali: una si riproduce in primavera, l’altra in autunno.

 

Per esaltare il sapore delicato di questo mollusco, abbiamo scelto un vino bianco secco, l’Albana di Romagna DOCG, dal profumo fruttato e floreale.

La sua versione secca, fornita dalle Cantine Intesa di Faenza – Cooperativa Agrintesa, si distingue per il gusto fresco, asciutto e leggermente amarognolo, perfetto per accompagnare il sugo di seppie.

 

Ingredienti per 4 porzioni

  • 320 g bucatini
  • 500 g di seppie
  • 500 g di pomodori maturi (oppure polpa di pomodoro di qualità)
  • 1 bicchiere di vino bianco secco Albana di Romagna DOCG
  • 1 cipolla
  • 2 spicchi d’aglio
  • 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva q.b.
  • 2 cucchiai di prezzemolo tritato
  • Sale q.b.
  • Pepe nero q.b.
  • Peperoncino (facoltativo, per un tocco di piccantezza)

 

Preparazione

 

1. Pulite accuratamente le seppie eliminando l’osso, le interiora e la pelle. Sciacquatele sotto acqua corrente e tagliatele a strisce o a pezzi, lasciando interi i tentacoli.

 

2. Sbollentate i pomodori per un minuto in acqua bollente, pelateli, privateli dei semi e tagliateli a dadini (oppure utilizzate polpa di pomodoro di qualità). In una padella capiente, scaldate l’olio extravergine d’oliva e fate rosolare gli spicchi d’aglio schiacciati e la cipolla tritata finemente.

 

3. Aggiungete le seppie e fatele rosolare per qualche minuto a fuoco medio-alto. Sfumate con il vino bianco e lasciate evaporare.

 

4. Unite i pomodori e aggiustate di sale e pepe (tenendo conto della naturale sapidità delle seppie). Se gradite, aggiungete un pizzico di peperoncino.

Coprite e fate cuocere a fuoco basso per circa 30-40 minuti, mescolando di tanto in tanto.

Il sugo dovrà risultare denso e le seppie morbide.

 

5. Lessate i bucatini in abbondante acqua salata, scolateli al dente e uniteli al sugo di seppie. Fate saltare il tutto per un paio di minuti per amalgamare i sapori.

Pochi minuti prima di spegnere il fuoco unite il prezzemolo tritato.

 

6. Fate cuocere la pasta in abbondante acqua salata, scolate al dente e fate saltare nel sugo per un paio di minuti.

 

 

  Spolverate ancora con un po’ di prezzemolo e servite.

 

 

Tips & Abbinamenti

Consigliamo di pasteggiare questo primo di mare con lo stesso Albano di Romagna DOCG, utilizzato per sfumare il condimento o, in alternativa, con Negroamaro Rosato del Salento, fresco e sapido.

 

Canapè di salmone affumicato e robiola
Canapè di salmone affumicato e robiola

Le Festività natalizie sono alle porte… occorre dunque iniziare a pensare a cosa portare in tavola per l’occasione!
Ecco perché oggi vi propongo un antipasto di facile preparazione, ideale da consumare il giorno della Vigilia: Canapè di salmone affumicato e robiola! Per un sapore ancora più autentico, io ho aggiunto anche qualche goccia di olio extravergine d’oliva D.O.P. Val di Mazara prodotto da La Goccia d’Oro, cooperativa siciliana che ho conosciuto grazie al progetto QUI DA NOI!

 

canapè di salmone e robiolaIngredienti

(dosi per 16 canapè)

  • 200 g di robiola fresca spalmabile
  • 8 fette di pane nero ai cereali
  • 150 g di salmone affumicato
  • 1 limone
  • aneto q.b.
  • pepe rosa in bacche q.b.
  • olio extravergine d’oliva Feudotto D.O.P. Val di Mazara La Goccia d’Oro q.b.

 

Procedimento

  • Spremete il limone e mettete il succo in un bicchiere, aggiungete 4 cucchiai d’olio e mischiate bene. Mettete le fette di salmone in un piatto e irroratele con l’emulsione di limone e olio e lasciatele insaporire.
  • In una ciotola mettete il formaggio, un po’ di aneto tritato e il pepe rosa macinato. Lavorate con una forchetta fino ad ottenere un composto morbido e omogeneo.
  • Dalle fette di pane ricavate 16 dischetti aiutandovi con un coppapasta o con un coltellino affilato. Spalmate su ogni dischetto il formaggio.
  • Scolate le fettine di salmone e disponetele arrotolate sopra il formaggio.
  • Inserite al centro un ciuffetto di aneto e servite.
Feste di Non Compleanno, il nuovo trend dopo il lockdown
Feste di Non Compleanno, il nuovo trend dopo il lockdown

Festeggiare i compleanni di marzo, aprile e inizio maggio? E’ diventato un trend!


In tanti, costretti quest’anno a spegnere le candeline a distanza, accontentandosi dell’happy birthday cantato su Zoom, vogliono rifarsi.


E così, da quando siamo nella fase 3, non è raro festeggiare di nuovo gli anni, questa volta dal vivo con amici e partenti, che sia in casa, all’aria aperta o in piccole feste private. Recuperare tutte le ricorrenze impedite dai mesi di lockdown – lauree, anniversari, compleanni – è un modo per tornare a stare insieme e alla agognata normalità.


La tendenza ha subito preso piede grazie ad una pasticceria di Milano, che ha lanciato la torta di “Non Compleanno”.


Il non compleanno (unbirthday, nell’originale inglese) è un modo di dire scherzoso che indica una ricorrenza che cade ogni giorno dell’anno, escluso appunto quello del compleanno, ma anche un’espressione coniata dallo scrittore inglese Lewis Carroll nel suo romanzo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”. Nel libro, infatti, Humpty Dumpty (Unto Dunto) spiega ad Alice la possibilità di ricevere doni “ingenetliaci” durante 364 giorni dell’anno, contro la possibilità di ricevere doni “genetliaci” in un giorno solo dell’anno.


Alice giunge a una grande tavola preparata per il tè alla quale siedono la Lepre Marzolina, il Cappellaio Matto e un Ghiro. Alice siede anche lei e la Lepre le dice:

 

  • “Tanti auguri per il tuo non-compleanno. Vuoi del tè?”
  • “Cos’è un non-compleanno?”
  • “Una festa che puoi festeggiare 364 volte all’anno”.
  • “Questi sono matti” pensò Alice, vedendo che il Cappellaio le versava del tè…
  • …che non esisteva”

 

Buon Non Compleanno a tutti!