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Alimenti e scadenze: gli 8 prodotti da controllare (e forse eliminare)
Alimenti e scadenze: gli 8 prodotti da controllare (e forse eliminare)

Nel 2020 abbiamo imparato a conoscere meglio la nostra dispensa, organizzandola con cura e ottimizzando le provviste per ridurre al minimo le visite al supermercato.


Ma proprio mentre riponiamo al loro posto le nuove provviste, capita di imbatterci in vecchi barattoli, pacchetti e confezioni rimaste lì dentro da chissà quanto tempo. Cosa fare in questi casi?

Tutto dipende dal tipo di alimento. E' fondamentale valutarne la salubrità, l’aspetto e l’efficacia prima di decidere se possono essere ancora utilizzati in cucina o se è giunto il momento di eliminarli.


Di seguito, una guida pratica agli 8 prodotti alimentari da controllare (e, se necessario, buttare), se dimenticati nella dispensa.

 

1. Lievito

 

Il lievito, che sia fresco o in polvere, è un ingrediente vivo e, se troppo vecchio, perde la capacità di far lievitare correttamente torte e panificati.

  • Lievito in polvere chiuso: può durare fino a un anno a temperatura ambiente.
  • Lievito in polvere aperto: meglio utilizzarlo entro un paio di mesi.

Ecco un trucco per verificare che sia ancora attivo: mescolate un pizzico di lievito in acqua tiepida e zuccherata. Se si forma della schiuma, è ancora utilizzabile.

 


2. Farina

 

La farina si conserva per circa 6-8 mesi. Dopo questo periodo, il sapore inizia ad essere stantio e potrebbero comparire farfalline e filamenti. Di certo, la durata cambia in base al tipo di farina:

  • Farine bianche (0 e 00): subiscono poche alterazioni e durano più a lungo.
  • Farine integrali (tipo 1 e 2): facilmente deperibili, tendono a irrancidire in 1-2 mesi, contenendo acidi grassi e una buona quantità di nutrienti.

 

Consiglio: Dopo l'apertura, conservatele in frigorifero per prolungarne la freschezza.

 

 

3. Spezie

 

A differenza di altri prodotti, le spezie non vanno a male, ma il loro sapore perde di intensità nel tempo, specie se in polvere o macinate. L’ideale è consumarle entro 3 mesi dall'acquisto per ottenere il massimo dell'aroma.


Se il colore inizia a sbiadire (ad esempio, una curcuma o un curry poco brillanti), è il momento di sostituirle. 

 

4. Lenticchie

 

Le lenticchie secche devono essere conservate in un luogo fresco e asciutto. Se esposte all’umidità, possono assorbire acqua e assumere un sapore acidulo.

L'ideale è consumarle entro un anno dall'acquisto.

 

 

5. Riso

 

Se conservato in una confezione chiusa, può durare a lungo, anche oltre la data di scadenza. Una volta aperto è, invece, meglio consumarlo nel minor tempo possibile: infatti, cambia la sua superficie, richiederà più tempo di cottura, con il rischio di perdere di cremosità.

 

Suggeriamo di conservarlo in un contenitore ermetico per preservarne la qualità.

 

 

6. Bicarbonato

 

Come il lievito, il bicarbonato perde d'efficacia con il tempo. Sebbene non rappresenti un rischio per la salute, un bicarbonato che ha superato la data di scadenza rende meno soffici torte e dolci.

 

Consigliamo di utilizzarlo non oltre 6 mesi dall'apertura.

 

 

7. Aceto

 

L'aceto, di nuovo come il lievito, è un ingrediente vivo e ricco di microorganismi. Sebbene non possa andare a male, può fermentare e sviluppare la “madre”, ovvero un accumulo di lieviti leggermente viscidi ma totalmente innocui. Può scolorire o sviluppare dei sedimenti e variazioni nel profilo aromatico.

 

Consigliamo di conservarlo in frigorifero per rallentarne la fermentazione.

 

8. Caffè

 

Al momento della macinazione, il caffè inizia a perdere nutrienti e intensità di sapore. Per poterlo conservare al meglio, lasciatelo all’interno della confezione originale, progettata per agevolare la fuoriuscita di gas e non far penetrare la luce.

 

Consigliamo di conservarlo in un luogo fresco e buio, come il frigorifero, per evitare che il calore faccia irrancidire gli acidi grassi contenuti nei chicchi di caffè (e, naturalmente, nella polvere macinata).



 

Abbiamo imparato a riconoscere gli alimenti dimenticati in dispensa: un ottimo modo per ridurre sprechi e organizzare meglio la nostra cucina.

 

Con un po' di attenzione, possiamo evitare di buttare via cibo ancora buono e migliorare la qualità dei nostri piatti.

Polpette di Polenta con Ragù di Lenticchie
Polpette di Polenta con Ragù di Lenticchie

La polenta: il comfort food perfetto per l'inverno e non solo.


Spesso ne avanza in abbondanza, ma anche riscaldata rimane deliziosa, anzi, forse persino più buona!

Sebbene venga associata principalmente all'inverno e all'autunno, la polenta è in realtà un ingrediente straordinariamente versatile, adatto a tutte le stagioni. Basta un po’ di creatività per trasformare gli avanzi in piatti nuovi e gustosi, evitando inutili sprechi in cucina.


Con la ricetta di oggi, vi proponiamo di rielaborare la polenta taragna avanzata (meglio se del giorno prima) abbinandola a un delizioso ragù di lenticchie. Il risultato? Polpette deliziose, ideali come piatto unico, ricco e nutriente.

Ingredienti

  • 2 porzioni di polenta taragna
  • 500 gr di ragù di lenticchie
  • 100 gr di pangrattato (anche senza glutine)
  • Formaggio grattuggiato o alternativa vegetale q.b.
  • Olio extravergine di oliva o di riso q.b.

Preparazione per il ragù di lenticchie

Cuocete le lenticchie in acqua non salata, quindi scolatele a fine cottura.

In una casseruola, preparate un soffritto con sedano, carota, cipolla e olio di riso (o extra vergine d’oliva). Unite le lenticchie e fatele insaporire.

Aggiungete la passata di pomodoro, mescolate bene e lasciate cuocere per 30-40 minuti a fuoco lento, salando a metà cottura.

 

Preparazione delle polpette di polenta

 

In una ciotola capiente, mescolate la polenta avanzata con una parte del ragù di lenticchie. Aggiungete il pangrattato e amalgamate bene il tutto.

Con le mani leggermente bagnate o con l'aiuto di un porzionatore da gelato, formate delle polpette.

Scaldate una padella con un filo d’olio e fate rosolare le polpette da entrambi i lati fino a ottenere una crosticina dorata.

 

Preparazione del piatto

 

Aggiungete il ragù di lenticchie rimanente nella padella, avendo cura di mescolare delicatamente per evitare che le polpette si rompano. Continuate la cottura a fuoco lento fino a quando il tutto non si sarà addensato. A fine cottura, spegnete il fuoco e cospargete le polpette con abbondante formaggio grattugiato, coprite poi la padella con un coperchio per farlo sciogliere.

 

Servite le polpette ben calde e godetevi un piatto che saprà conquistarvi!

Babà al Rum con Crema Chantilly e Frutti di Bosco
Babà al Rum con Crema Chantilly e Frutti di Bosco

Il babà è uno dei dolci tipici della tradizione dolciaria partenopea.

Eppure, il famoso dolce imbevuto di rum non ha origini italiane, nasce in Polonia e approda a Napoli, in Campania, che da allora l'ha reso parte integrante della sua tradizione, rielaborandolo in varie versioni senza stravolgerne la storia e le basi.

 

Oggi vi proponiamo la nostra ricetta per realizzare il babà al rum con crema chantilly e frutti di bosco.

 

Ingredienti

  • 300 g di farina Manitoba 380-420W
  • uova grandi
  • 100 g di burro
  • 100 g di latte
  • 25 g di zucchero
  • 8 g di lievito di birra
  • ½ cucchiaino di sale fino

 

 

Procedimento

 

Lievitino

Sciogliete il lievito di birra con 50 g di latte tiepido e 1 cucchiaino di zucchero, aggiungete 70 g di farina, e impastate gli ingredienti. Lasciate lievitare finché l'impasto non raddoppia, coprendo con un telo inumidito.

 


Primo impasto

Versate in una ciotola i 230 g di farina restanti, e realizzate un incavo con un pugno versandovi il lievitino e le 3 uova. Impastate schiacciando ripetutamente nella mano l’impasto per amalgamare le uova e aggiungete un cucchiaio di latte alla volta per ammorbidirlo un po’, facendo attenzione a non renderlo molle, poi impastate energicamente per una decina di minuti. Coprite  il tutto e lasciate lievitare fino a che l'impasto non raddoppia in volume (60/90 minuti).

 


Secondo impasto

In un piccolo contenitore lavorate il burro a pomata, impastandolo con i restanti 20 g di zucchero e il sale. Aggiungete il composto realizzato all'impasto precedente, una cucchiaiata alla volta, facendo assorbire bene prima di aggiungere la successiva. Lavorate il tutto per 5 minuti circa nella ciotola, poi ribaltate l’impasto su un piano da lavoro e iniziate a lavorare energicamente ripiegandolo e sbattendolo più volte per 25/30 minuti. In questa fase occorre tenacia e resistenza per ottenere un babà spugnoso e morbido, capace di assorbire e trattenere la bagna. Quando l'impasto inizierà a staccarsi dalle mani, ripiegatelo e lavoratelo fino ad ottenere una forma tondeggiante. Non appena compariranno bolle d’aria, l'impasto sarà pronto.


Questo procedimento manuale può essere realizzato con l'aiuto di una planetaria, in circa dieci minuti.


Imburrate lo stampo e sistematevi dentro l’impasto, staccando dallo stesso alcuni pezzi che schiaccerete con pollice ed indice, a mano chiusa come a strozzarli. Una volta completato il giro nello stampo, sigillate con l’indice gli spazi tra una pasta e l’altra, coprite il tutto con un panno umido e lasciate lievitare in forno spento con luce accesa per 2 ore, fino a triplicare di volume dell'impasto. Infornate il babà a forno preriscaldato a 220°, portate quindi la temperatura a 200° e lasciate cuocere per 20 minuti. A metà cottura coprite il tutto con un foglio di alluminio. Una volta cotto lasciate intiepidire, ed adagiate il vostro dolce su un piatto da portata, facendolo scivolare con molta attenzione.

 

 

Per la bagna

  • 1 lt di acqua
  • 400 g di zucchero
  • 1 limoni

 

Versate l’acqua in una pentola, aggiungete lo zucchero e la scorza di limone (priva della parte bianca) e lasciate bollire per 10 minuti. Spegnete il fuoco e lasciate intiepidire. Con l’aiuto di un colino, versate il liquido sul babà ancora tiepido. Ogni 10/15 minuti, aiutandovi con un mestolino, raccogliete lo sciroppo sul fondo e irrorate di nuovo. Continuate a bagnare il composto immergendolo nello sciroppo per pochi secondi e ripetete l’operazione fin quando il babà non risulti ben inzuppato. Al termine, mettete il babà su di un vassoio.

 

 

Per la crema chantilly

  • 2 bicchieri di latte
  • 2 tuorli d'uovo
  • 2 cucchiai di zucchero
  • 2 cucchiai di farina
  • 1 scorza di limone
  • 125 ml di panna per dolci

 

Portate a ebollizione il latte con la scorza del limone (senza la parte bianca). In un recipiente sbattete con le fruste il tuorlo, lo zucchero e la farina. Versate poi, poco alla volta, il latte caldo nel composto mescolando. Mettete la crema sul fuoco a fiamma bassissima e lasciate cuocere per massimo 3-4 minuti, mescolando continuamente. A discrezione, potete aggiungere dei fiocchi di burro che eviteranno la formazione della pellicina. Non appena la crema si sarà raffreddata iniziate a montare la panna. Incorporate delicatamente la panna alla crema pasticciera cercando di non smontare la crema chantilly. Una volta raffreddata, mettetela nella sac-a-poche e riponetela in frigo.

 

 

Completamento del babà

  • 250 ml di rum (dipende dai gusti)
  • 250 ml tra sciroppo e frutti di bosco
  • gelatina per crostate

 

Irrorate il rum, senza esagerare, e spennellate con della gelatina per torte, (precedentemente preparata). Infine, decorate il tutto con la crema chantilly, i frutti di bosco e il suo sciroppo.

Il vostro babà è pronto per essere gustato!

Calamarata con Totani e Zucchine a Rondelle
Calamarata con Totani e Zucchine a Rondelle

La calamarata con totani e zucchine è un primo piatto irresistibile, facile e veloce da preparare.

Un classico della cucina mediterranea che grazie alla combinazione di carboidrati, verdure e pesce, si trasforma in un piatto unico perfetto per ogni stagione.

La ricetta che vi proponiamo oggi è stata realizzata da Francesca Vassallo, autrice del blog La maggiorana persa.

 

Per garantire un risultato dal sapore autentico e tradizionale,, abbiamo selezionato tra gli ingredienti i pomodori ciliegini secchi sott’olio della cooperativa Agrologica Bio, che, da oltre 20 anni, coltiva le terre più preziose della la Sicilia, tra Ragusa, Catania e Siracusa.

 

Mettiamoci ai fornelli!

 

Ingredienti ( per 2 persone)

 

  • 180 g di pasta tipo “calamarata”
  • 300 g di calamaretti o totanetti già puliti
  • 2 zucchine
  • 20 g di pomodori ciliegini secchi sott’olio Agrologica Bio
  • 1 spicchio d’aglio
  • Vino bianco q.b.
  • Olio extravergine di oliva q.b.
  • Acqua q.b.
  • Sale q.b.

 

Preparazione

 

Tagliare le zucchine a rondelle finissime, aiutandovi con una mandolina. Fatele rosolare in una padella con un filo d’olio, un pizzico di sale e pepe per circa 5 minuti, fino ad ammorbidirle leggermente.

 

Portate a ebollizione una pentola con abbondante acqua salata. Cuocete la pasta per tre minuti in meno del tempo indicato sulla confezione.

 

Tagliate i calamaretti a rondelle, mantenendo i tentacoli interi.

Affettate i pomodori secchi a listarelle sottili e pelate l’aglio, dividendo lo spicchio in due.

In una padella, fate rosolare lo spicchio d’aglio nell’olio extravergine d’oliva. Appena inizierà a dorarsi, aggiungete gli anelli di calamari e fate saltare per circa 5 minuti. Sfumate con il vino bianco.

Aggiungete le zucchine a rondelle ai calameretti mescolando delicatamente. Fate insaporire per 2 minuti.

 

Scolate la pasta, conservando circa mezzo bicchiere di acqua di cottura.

Trasferite la pasta nella padella con i calamaretti e le zucchine. Ultimate la cottura, aggiungendo l’acqua di cottura poco per volta per ottenere una consistenza cremosa.

Poco prima di spegnere il fuoco, unite i pomodori secchi tagliati a listarelle. Mescolate bene per amalgamare i sapor

 

 

La vostra calamarata con totani e zucchine è pronta per essere servita. Buon appetito!

Plumcake Integrale allo Yogurt di melagrana
Plumcake Integrale allo Yogurt di melagrana

Oggi vi proponiamo una ricetta ispirata al plumcake allo yogurt di Benedetta Rossi, celebre cuoca, blogger, conduttrice televisiva e scrittrice italiana, nota per il suo blog di cucina Fatto in casa da Benedetta.

 

Il nostro plumcake integrale allo yogurt di melagrana è un dolce semplice e genuino, perfetto per essere gustato sia a colazione che a merenda.


In questa versione utilizziamo farina integrale di grano russello macinato a pietra, una varietà tipica dell’entroterra siciliano. Il grano russello è una cultivar tipico dell’entroterra siciliano e deve il suo nome alla sua spiga dal colore rossastro. Il grano russello, noto per la sua spiga dal caratteristico colore rossastro, è una delle cultivar più antiche dell’isola, insieme alla Timilia. I prodotti a base di queste due cultivar mediterranee si distinguono per l’alta digeribilità, l’aroma intenso e un gusto inconfondibile, oltre a un tempo di conservazione più lungo rispetto ad altre farine.

 


A rendere speciale il nostro plumcake è l’aggiunta di yogurt di soia alla melagrana, che dona una consistenza soffice e un piacevole tocco di freschezza tipico di questo frutto.

 

 

Ingredienti

 

  • 200 g di farina integrale di grano russello macinata a pietra
  • 1 vasetto di yogurt di soia alla melagrana (in alternativa, yogurt di latte intero)
  • 80 g di olio di semi di girasole alto oleico
  • 50 g di latte (oppure bevanda vegetale di soia, riso o avena)
  • 80 g di zucchero di canna grezzo
  • 8 g di cremor tartaro
  • Zucchero a velo q.b.

 

 

Preparazione

 

1. In una ciotola capiente o nella planetaria, iniziate a lavorare lo zucchero di canna con lo yogurt di melagrana, utilizzando una frusta. Aggiungete l’olio di semi e una parte del latte o della bevanda vegetale. Mescolate bene.

Unite gradualmente la farina a pioggia, continuando a mescolare per evitare grumi. Aggiungete, infine, il cremor tartaro e lavorate il composto fino a ottenere un impasto liscio e omogeneo. Se necessario, regolate la consistenza aggiungendo un po’ di latte.

 

2. Ungete e infarinate uno stampo da plumcake, e versatevi all’interno l’impasto. Livellate delicatamente la superficie con una spatola.

Mettete lo stampo in forno preriscaldato a 180°C in modalità ventilata e lasciate cuore per circa 30 minuti. Al termine della cottura, lasciate raffreddare il plumcake nello stampo. Per verificare la cottura, fate la prova dello stecchino: se esce pulito, il dolce è pronto.

 

3. Una volta intiepidito, estraete il plumcake dallo stampo e adagiatelo su un piatto da portata. Spolveratela superficie con zucchero velo e servitevi con la prima fetta ancora tiepida.

 

 

Cosa c’è di più buono di un dolce leggero, genuino e fatto in casa?

 

Legumi: quali sono le dosi raccomandate?
Legumi: quali sono le dosi raccomandate?

Oltre ad essere estremamente versatili in cucina, i legumi rappresentano un alimento indispensabile per un'alimentazione sana. Sono una delle alternative  più economiche e sostenibili a carne e pesce, diventando fondamentali nelle diete vegetariane e vegane.

Ceci, lenticchie, piselli e fagioli: sono un’eccellente fonte di proteine vegetali. Prima di suggerirvi ricette sane e gustose per trasformarli in piatti invitanti, parliamo di dosi e quantità consigliate per un corretto utilizzo.

Gli esperti raccomandano una porzione di circa 100 - 120 grammi di legumi cotti. Chi segue una dieta vegetariana dovrebbe consumarli almeno 2 - 3 volte alla settimana, mentre chi adotta uno stile alimentare vegano, dovrebbe includerli praticamente tutti i giorni. Per chi segue una dieta onnivora, si consigliano almeno 2 - 4 porzioni settimanali, da utilizzare come parti di un primo o secondo piatto, ma non come sostituti delle verdure.

La categoria dei legumi, tutt'altro che monotona, include oltre ai classici ceci, lenticchie e fagioli, anche piselli, arachidi (spesso erroneamente associati alla frutta secca), fagiolini, fave, carrube (ottima alternativa al cioccolato) i lupini, taccole e, naturalmente, la soia.

Per esempio, iniziare la giornata con un bicchiere di latte di soia, equivale già a consumare una prima “porzione” di legumi.

 

Passando ai piatti da creare con i legumi, alcuni dei nostri preferiti includono, oltre alla pasta e fagioli, classico invernale della cucina italiana, anche:

E se c'è spazio per il dolce, non può mancare il plumcake alla carruba.

Cestini di Polenta con Zucchine e Speck Croccante

Cerchi un antipasto veloce per stupire i tuoi ospiti che non sia un vol-au-vent da riempire?


I cestini di polenta sono la soluzione perfetta! Versatili e facili da preparare, possono essere farciti con gli ingredienti che hai in frigorifero.

Oggi ti proponiamo una ricetta gustosa, impreziosita da zucchine disidratate (Farris) e speck, con un tocco di formaggio filante. Le verdure disidratate sono comode e veloci da utilizzare e conservano le proprietà organolettiche del prodotto anche se fuori stagione.

Se avete più tempo, potete sostituire le zucchine disidratate con quelle fresche, saltandole in padella alla scapece, con olio, aceto e sale.

 

Entriamo nel vivo della preparazione del nostro antipasto!

 

Ingredienti (per 4 persone)

 

  • 500 g di polenta pronta (in tubo o panetto)
  • 30 g di zucchine a rondelle disidratate
  • 50 g di formaggio a pasta filata (se si preferisce, anche senza lattosio)
  • 30 g di speck affettato
  • Grana Padano Riserva grattugiato q.b.
  • Prezzemolo essiccato
  • Aglio in polvere q.b.
  • Olio extravergine di oliva q.b.

 

 

Procedimento

 

Mettete in ammollo le zucchine disidratate in una ciotola con acqua per reidratarle.

Tagliate il panetto di polenta in 8 fette uguali (tonde o quadrate, in base alla forma acquistata). Aiutandovi con un coltello appuntito, scavate leggermente ogni fetta tagliata per ricavarne dei cestini. Scolate le zucchine e fatele rosolare in padella, per qualche minuto, con un filo d’olio, prezzemolo e l'aglio in polvere.

 

In un mixer, frullate le zucchine rosolate, tenendone qualcuna da parte per la decorazione, il formaggio e la parte morbida dello speck. Utilizzate il composto ottenuto per farcire i vostri cestini di polenta e spennellateli con un filo d’olio per favorirne la doratura.

 

Disponete i cestini su una teglia rivestita di carta forno e cuoceteli in forno statico (o friggitrice ad aria) a 200°C, per 10-15 minuti, fino a dorare la superficie della farcitura.

 

Nel frattempo, in una padella antiaderente, piastrate la parte più dura delle fette di speck fino a renderle croccanti.

Decorate i cestini con le fette croccanti di speck e le rondelle di zucchine tenute da parte, e servite il vostro antipasto caldo o a temperatura ambiente.

 

I cestini di polenta con zucchine e speck croccante sono stati realizzati da Monica Martino, autrice del blog Esperimenti in cucina – Una biologa ai fornelli.

Potete personalizzare il ripieno aggiungendo altri ingredienti come noci tritate, erbette aromatiche o pezzetti di verdure grigliate.

 

 

Ed ora, godetevi la cena!

 

Panino con Salmone Affumicato, Finocchi, Primo sale, Miele e Granella di Pistacchio di Bronte
Panino con Salmone Affumicato, Finocchi, Primo sale, Miele e Granella di Pistacchio di Bronte

Negli ultimi anni, la granella di pistacchio è diventata l’ingrediente ideale per esaltare numerose ricette salate.

 

Pasquale Alberico, autore del blog I Sapori del Mediterraneo, ci propone un pranzo veloce e primaverile, una ricetta dal tocco distintivo, caratterizzato dall’utilizzo di pistacchio di Bronte e di miele millefiori. Quest’ultimo, infatti, si rivela un sorprendente alleato in cucina, capace di esaltare pranzi e cene e di avvicinare molti consumatori al meraviglioso mondo dell’apicoltura.

 

Per realizzare il nostro panino al salmone con insalata di finocchi e primo sale, selezioniamo la granella di pistacchio della Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo di Bronte. Made in Catania e figlio di un territorio unico come quello vulcanico dell’Etna, il pistacchio Smeraldo si contraddistingue per il suo colore verde intenso – come la preziosa pietra - e per le sue caratteristiche uniche, garantite dal marchio DOP e dalla completa tracciabilità del prodotto.

 

Il miele millefiori, invece, proviene dall'Apiario di Comunità di Castel del Giudice, una rete di apicoltori dell’Appennino molisano-abruzzese. Uniti dai valori della tradizione rurale, questi produttori promuovono un’economia sostenibile e la tutela della biodiversità, coniugando passione, condivisione e spirito di cooperazione. 

 

 

Ingredienti

 

  • 1 panino integrale
  • 50 g di salmone affumicato fatto in casa (o, in alternativa, già pronto)
  • 1 finocchio
  • 40 g di formaggio primo sale
  • Granella di pistacchio Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo di Bronte
  • 1 cucchiaino di miele millefiori Apiario di Comunità di Castel del Giudice
  • Sale q.b.
  • Olio extra vergine di oliva q.b.
  • Sale grosso marino integrale q.b.
  • Zucchero di canna q.b.
  • 1 ramo d’ulivo

 

Procedimento

 

Preparazione del salmone fatto in casa

 

1. Lavate il filetto di salmone, precedentemente abbattuto, asciugatelo e, con un coltello affilato, eliminate le parti grasse.

 

2. Preparate una miscela con metà zucchero di canna e metà sale grosso integrale e distribuitela sul fondo di un contenitore, preferibilmente di vetro, creando uno strato uniforme. Adagiate il filetto di salmone con la pelle rivolta verso il basso, quindi ricopritelo completamente con la stessa miscela.

 

3. Coprite il contenitore con un coperchio e lasciate riposare in frigorifero per almeno 24 ore. Durante questo periodo si formerà un liquido gelatinoso; il salmone è pronto quando assumerà il suo colore tipico.

Trascorso il tempo di riposo, sciacquate il filetto per rimuovere il condimento e asciugatelo accuratamente con carta da cucina.

 

4. Per procedere con l’affumicatura, mettete il filetto in una pentola insieme a un rametto d’ulivo acceso. Coprite immediatamente con un coperchio, in modo che il fumo intrappolato completi l’affumicatura. In alternativa, utilizzate un affumicatore professionale seguendo le istruzioni dell’apparecchio.

Dopo circa due ore, togliete il salmone affumicato dalla pentola e tagliatelo in fettine sottili.

 

Composizione del panino

 

Mondate il finocchio, lavatelo, asciugatelo e affettatelo finemente. Conditelo in una ciotola con sale, pepe, succo di limone e olio extravergine di oliva. Mescolate e aggiungete il primo sale tagliato a pezzetti.

 

Tagliate il panino a metà e farcitelo con uno strato di finocchi e primo sale. Aggiungete 2-3 fettine di salmone affumicato, in base al gusto personale. Completate con un cucchiaino di miele millefiori e una generosa spolverata di granella di pistacchio di Bronte.

 

 

E ora prendetevi il tempo per assaporare questo mix di sapori puri, freschi e raffinati!

 

Sensibilità ai Solfiti
Sensibilità ai Solfiti

 

Articolo della dott.ssa Monica Martino
Biologa e Consulente per aziende agroalimentari e Food Blogger.

 

 

La sensibilità ad alcune sostanze viene spesso confusa con un’allergia, in quanto le sintomatologie possono essere simili. ma da un punto di vista fisiologico la differenza sta nel fatto che non è coinvolto il sistema immunitario.


Oggi, poniamo l’attenzione su dei derivati utilizzati come conservanti, ma che sono presenti anche in natura. Stiamo parlando dei solfiti: vediamo cosa sono e che disturbi possono provocare.

 

 

Proprietà dei solfiti

 

L’anidride solforosa (E220) e i solfiti (da E221 a E228) trovano impiego nell’industria alimentare come conservanti ad azione antimicrobica, antienzimatica e antiossidante quindi vengono utilizzati per inattivare muffe, lieviti e batteri, per mantenere il colore dei cibi e proteggerli dall’imbrunimento. In base alla concentrazione delle sostanze, possono avere proprietà batteriostatiche (impedire la crescita dei microrganismi) o battericide (provocarne la morte).

 

 

Utilizzo dei solfiti e la loro presenza in natura

 

L’anidride solforosa e i solfiti vengono molto usati per mantenere intatto il colore della frutta e della verdura, anche se la principale e più antica applicazione è nel processo di vinificazione.


I solfiti (in forma solida come polvere), una volta immersi in soluzione acida, liberano anidride solforosa e in questo modo inibiscono l’azione fermentativa dei lieviti presenti sulla buccia degli acini, che potrebbe conferire al prodotto finito aromi alquanto sgradevoli.


Una volta inibiti questi microrganismi, si aggiungono al mosto ceppi di lieviti selezionati, i quali non vengono danneggiati a contatto con i solfiti e che sono in grado di conferire al vino l’aroma ricercato. Alcuni di essi hanno addirittura la capacità di generarli e quindi possiamo certamente dire che la presenza dei solfiti nel vino è normale in quanto prodotti naturalmente nella bevanda stessa.


Comunque prima dell’imbottigliamento, il vino potrebbe essere ancora trattato con i solfiti in modo da arrestare nuovi processi fermentativi e di conseguenza migliorarne la conservazione.

 

I solfiti fanno parte della composizione chimica anche dei seguenti alimenti:

  • aceto di vino
  • sidro
  • birra
  • succhi di frutta
  • frutta disidratata, secca e candita
  • frutti di mare, gamberi e altri crostacei, baccalà
  • verdura conservata
  • funghi secchi
  • uvetta
  • prodotti a base di carne

 

 

Reazioni avverse ai solfiti

 


I solfiti rientrano nella lista dei nove allergeni alimentari più diffusi, anche se la reazione avversa più comune non è effettivamente considerata una vera e propria allergia: solo una piccola percentuale di popolazione risulta effettivamente positiva al test per l’allergia cutanea (e quindi su base immunologica). In questo contesto quindi è più consono utilizzare il termine "sensibilità", poiché non si può parlare di vera e propria allergia, ma di una reazione avversa che scatena sintomi pseudoallergici. L’anafilassi e altre reazioni gravi sono invece piuttosto rare.


Nei soggetti sensibili ai solfiti (stimati intorno allo 0,05-1%), per esempio, il biossido di zolfo, il quale si sviluppa reagendo con gli acidi, possiede proprietà sbiancanti e battericide, ma anche fortemente irritanti. Il contatto dei solfiti alimentari con l’acidità gastrica genera una certa quantità di anidride solforosa, tra i gas più efficaci nell’indurre attacchi di broncospasmo nei soggetti che soffrono di asma (si stimano fino al 5% delle persone). Sono particolarmente esposti al rischio di subire questo genere di reazioni anche coloro che sono allergici all’aspirina.


Già nel 1984, sul Journal of Allergy and Clinical Immunology veniva approfondito il rapporto tra asma e solfiti. L’esperimento ha coinvolto un gruppo di asmatici a cui sono stati somministrati tra i 5 e i 100 mg di solfiti, la dose che secondo i ricercatori una persona normalmente potrebbe consumare durante un pasto in un ristorante. Dopo circa 10-20 minuti dall’assunzione dei sali di solfiti, i partecipanti risultavano aver sperimentato severi attacchi di asma. Il gruppo scelto aveva già manifestato attacchi d’asma intensi dopo aver mangiato al ristorante, ma non presentava altre caratteristiche distintive. I pazienti sono risultati negativi agli anticorpi IgE, quindi non si era in presenza di allergia, così gli studiosi hanno escluso sensibilità verso altre sostanze come aspirina, antinfiammatori non steroidei, glutammato monosodico e altro. Gli attacchi d’asma risultano essere continuati anche tempo dopo l’assunzione dei sali. La stessa ricerca, inoltre, citava un altro gruppo che invece ha presentato attacchi d’asma più lievi dopo il consumo di solfiti, rimarcando il rapporto tra il disturbo respiratorio e questi additivi. Secondo i ricercatori la causa di ciò risiederebbe nelle trasformazioni chimiche che i solfiti subiscono durante la digestione.


Oltre alle emicranie benigne e alle crisi asmatiche, i sintomi della sensibilità ai solfiti possono essere: orticaria, nausea, vomito, sudorazione intensa, vampate di calore e ipotensione. I sintomi si manifestano generalmente entro 15-30 minuti dall’ingestione.


Proprio per queste problematiche associate alla presenza dei solfiti come conservanti in cibi e bevande, i produttori alimentari sono per legge obbligati a dichiararli in etichetta; in particolare, tale obbligo vige qualora la concentrazione di anidride solforosa nell’alimento superi i 10 mg/L o i 10 mg/kg (risultato dei solfiti naturalmente presenti nei cibi sommati a quelli aggiunti).

 

 

Dott.ssa Monica Martino

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