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Articoli di ottobre 2024

Panino con Salmone Affumicato, Finocchi, Primo sale, Miele e Granella di Pistacchio di Bronte
Panino con Salmone Affumicato, Finocchi, Primo sale, Miele e Granella di Pistacchio di Bronte

Negli ultimi anni, la granella di pistacchio è diventata l’ingrediente ideale per esaltare numerose ricette salate.

 

Pasquale Alberico, autore del blog I Sapori del Mediterraneo, ci propone un pranzo veloce e primaverile, una ricetta dal tocco distintivo, caratterizzato dall’utilizzo di pistacchio di Bronte e di miele millefiori. Quest’ultimo, infatti, si rivela un sorprendente alleato in cucina, capace di esaltare pranzi e cene e di avvicinare molti consumatori al meraviglioso mondo dell’apicoltura.

 

Per realizzare il nostro panino al salmone con insalata di finocchi e primo sale, selezioniamo la granella di pistacchio della Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo di Bronte. Made in Catania e figlio di un territorio unico come quello vulcanico dell’Etna, il pistacchio Smeraldo si contraddistingue per il suo colore verde intenso – come la preziosa pietra - e per le sue caratteristiche uniche, garantite dal marchio DOP e dalla completa tracciabilità del prodotto.

 

Il miele millefiori, invece, proviene dall'Apiario di Comunità di Castel del Giudice, una rete di apicoltori dell’Appennino molisano-abruzzese. Uniti dai valori della tradizione rurale, questi produttori promuovono un’economia sostenibile e la tutela della biodiversità, coniugando passione, condivisione e spirito di cooperazione. 

 

 

Ingredienti

 

  • 1 panino integrale
  • 50 g di salmone affumicato fatto in casa (o, in alternativa, già pronto)
  • 1 finocchio
  • 40 g di formaggio primo sale
  • Granella di pistacchio Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo di Bronte
  • 1 cucchiaino di miele millefiori Apiario di Comunità di Castel del Giudice
  • Sale q.b.
  • Olio extra vergine di oliva q.b.
  • Sale grosso marino integrale q.b.
  • Zucchero di canna q.b.
  • 1 ramo d’ulivo

 

Procedimento

 

Preparazione del salmone fatto in casa

 

1. Lavate il filetto di salmone, precedentemente abbattuto, asciugatelo e, con un coltello affilato, eliminate le parti grasse.

 

2. Preparate una miscela con metà zucchero di canna e metà sale grosso integrale e distribuitela sul fondo di un contenitore, preferibilmente di vetro, creando uno strato uniforme. Adagiate il filetto di salmone con la pelle rivolta verso il basso, quindi ricopritelo completamente con la stessa miscela.

 

3. Coprite il contenitore con un coperchio e lasciate riposare in frigorifero per almeno 24 ore. Durante questo periodo si formerà un liquido gelatinoso; il salmone è pronto quando assumerà il suo colore tipico.

Trascorso il tempo di riposo, sciacquate il filetto per rimuovere il condimento e asciugatelo accuratamente con carta da cucina.

 

4. Per procedere con l’affumicatura, mettete il filetto in una pentola insieme a un rametto d’ulivo acceso. Coprite immediatamente con un coperchio, in modo che il fumo intrappolato completi l’affumicatura. In alternativa, utilizzate un affumicatore professionale seguendo le istruzioni dell’apparecchio.

Dopo circa due ore, togliete il salmone affumicato dalla pentola e tagliatelo in fettine sottili.

 

Composizione del panino

 

Mondate il finocchio, lavatelo, asciugatelo e affettatelo finemente. Conditelo in una ciotola con sale, pepe, succo di limone e olio extravergine di oliva. Mescolate e aggiungete il primo sale tagliato a pezzetti.

 

Tagliate il panino a metà e farcitelo con uno strato di finocchi e primo sale. Aggiungete 2-3 fettine di salmone affumicato, in base al gusto personale. Completate con un cucchiaino di miele millefiori e una generosa spolverata di granella di pistacchio di Bronte.

 

 

E ora prendetevi il tempo per assaporare questo mix di sapori puri, freschi e raffinati!

 

Sensibilità ai Solfiti
Sensibilità ai Solfiti

 

Articolo della dott.ssa Monica Martino
Biologa e Consulente per aziende agroalimentari e Food Blogger.

 

 

La sensibilità ad alcune sostanze viene spesso confusa con un’allergia, in quanto le sintomatologie possono essere simili. ma da un punto di vista fisiologico la differenza sta nel fatto che non è coinvolto il sistema immunitario.


Oggi, poniamo l’attenzione su dei derivati utilizzati come conservanti, ma che sono presenti anche in natura. Stiamo parlando dei solfiti: vediamo cosa sono e che disturbi possono provocare.

 

 

Proprietà dei solfiti

 

L’anidride solforosa (E220) e i solfiti (da E221 a E228) trovano impiego nell’industria alimentare come conservanti ad azione antimicrobica, antienzimatica e antiossidante quindi vengono utilizzati per inattivare muffe, lieviti e batteri, per mantenere il colore dei cibi e proteggerli dall’imbrunimento. In base alla concentrazione delle sostanze, possono avere proprietà batteriostatiche (impedire la crescita dei microrganismi) o battericide (provocarne la morte).

 

 

Utilizzo dei solfiti e la loro presenza in natura

 

L’anidride solforosa e i solfiti vengono molto usati per mantenere intatto il colore della frutta e della verdura, anche se la principale e più antica applicazione è nel processo di vinificazione.


I solfiti (in forma solida come polvere), una volta immersi in soluzione acida, liberano anidride solforosa e in questo modo inibiscono l’azione fermentativa dei lieviti presenti sulla buccia degli acini, che potrebbe conferire al prodotto finito aromi alquanto sgradevoli.


Una volta inibiti questi microrganismi, si aggiungono al mosto ceppi di lieviti selezionati, i quali non vengono danneggiati a contatto con i solfiti e che sono in grado di conferire al vino l’aroma ricercato. Alcuni di essi hanno addirittura la capacità di generarli e quindi possiamo certamente dire che la presenza dei solfiti nel vino è normale in quanto prodotti naturalmente nella bevanda stessa.


Comunque prima dell’imbottigliamento, il vino potrebbe essere ancora trattato con i solfiti in modo da arrestare nuovi processi fermentativi e di conseguenza migliorarne la conservazione.

 

I solfiti fanno parte della composizione chimica anche dei seguenti alimenti:

  • aceto di vino
  • sidro
  • birra
  • succhi di frutta
  • frutta disidratata, secca e candita
  • frutti di mare, gamberi e altri crostacei, baccalà
  • verdura conservata
  • funghi secchi
  • uvetta
  • prodotti a base di carne

 

 

Reazioni avverse ai solfiti

 


I solfiti rientrano nella lista dei nove allergeni alimentari più diffusi, anche se la reazione avversa più comune non è effettivamente considerata una vera e propria allergia: solo una piccola percentuale di popolazione risulta effettivamente positiva al test per l’allergia cutanea (e quindi su base immunologica). In questo contesto quindi è più consono utilizzare il termine "sensibilità", poiché non si può parlare di vera e propria allergia, ma di una reazione avversa che scatena sintomi pseudoallergici. L’anafilassi e altre reazioni gravi sono invece piuttosto rare.


Nei soggetti sensibili ai solfiti (stimati intorno allo 0,05-1%), per esempio, il biossido di zolfo, il quale si sviluppa reagendo con gli acidi, possiede proprietà sbiancanti e battericide, ma anche fortemente irritanti. Il contatto dei solfiti alimentari con l’acidità gastrica genera una certa quantità di anidride solforosa, tra i gas più efficaci nell’indurre attacchi di broncospasmo nei soggetti che soffrono di asma (si stimano fino al 5% delle persone). Sono particolarmente esposti al rischio di subire questo genere di reazioni anche coloro che sono allergici all’aspirina.


Già nel 1984, sul Journal of Allergy and Clinical Immunology veniva approfondito il rapporto tra asma e solfiti. L’esperimento ha coinvolto un gruppo di asmatici a cui sono stati somministrati tra i 5 e i 100 mg di solfiti, la dose che secondo i ricercatori una persona normalmente potrebbe consumare durante un pasto in un ristorante. Dopo circa 10-20 minuti dall’assunzione dei sali di solfiti, i partecipanti risultavano aver sperimentato severi attacchi di asma. Il gruppo scelto aveva già manifestato attacchi d’asma intensi dopo aver mangiato al ristorante, ma non presentava altre caratteristiche distintive. I pazienti sono risultati negativi agli anticorpi IgE, quindi non si era in presenza di allergia, così gli studiosi hanno escluso sensibilità verso altre sostanze come aspirina, antinfiammatori non steroidei, glutammato monosodico e altro. Gli attacchi d’asma risultano essere continuati anche tempo dopo l’assunzione dei sali. La stessa ricerca, inoltre, citava un altro gruppo che invece ha presentato attacchi d’asma più lievi dopo il consumo di solfiti, rimarcando il rapporto tra il disturbo respiratorio e questi additivi. Secondo i ricercatori la causa di ciò risiederebbe nelle trasformazioni chimiche che i solfiti subiscono durante la digestione.


Oltre alle emicranie benigne e alle crisi asmatiche, i sintomi della sensibilità ai solfiti possono essere: orticaria, nausea, vomito, sudorazione intensa, vampate di calore e ipotensione. I sintomi si manifestano generalmente entro 15-30 minuti dall’ingestione.


Proprio per queste problematiche associate alla presenza dei solfiti come conservanti in cibi e bevande, i produttori alimentari sono per legge obbligati a dichiararli in etichetta; in particolare, tale obbligo vige qualora la concentrazione di anidride solforosa nell’alimento superi i 10 mg/L o i 10 mg/kg (risultato dei solfiti naturalmente presenti nei cibi sommati a quelli aggiunti).

 

 

Dott.ssa Monica Martino

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Marillenknödel - Gnocchi Dolci all'Albicocca
Marillenknödel - Gnocchi Dolci all'Albicocca

In Austria la parola "marille" significa albicocca. Questo dolce frutto è una delle specialità della splendida e soleggiata regione della Wachau, situata nel Niederoesterreich, la Bassa Austria. La Wachau si estende a nord di Vienna, lungo ile rive del Danubio, ed è rinomata per i suoi vini, le albicocche, le abbazie e i magnifici paesaggi collinari. La regione ospita circa centomila alberi di albicocco, che, durante la fioritura primaverile, regalano uno spettacolo naturale mozzafiato.

 

Oggi vi proponiamo una ricetta semplice e veloce per preparare dei gustosi canederli tirolesi all'albicocca, utilizzando sia frutta sciroppata che frutta fresca

 

 

 

Ingredienti

(dosi per 4 persone)

  • 1 kg di patate farinose per gnocchi
  • 80 g di burro
  • 50 g di semolino
  • 1 uovo
  • 2 tuorli
  • 250 g di farina
  • 24 mezze albicocche sciroppate oppure 12 albicocche fresche (in base alla stagione)
  • 100 g di marmellata di albicocche o, se si usano albicocche fresche, 12 zollette di zucchero
  • 150 g di pane grattugiato
  • 180 g di burro
  • cannella in polvere q.b.

 

 

Procedimento

Lessate le patate con la buccia, sbucciatele e passatele nello schiacciapatate mentre sono ancora caldea. Lasciatele intiepidire, quindi aggiungete 80 g di burro ammorbidito, il semolino, un pizzico di sale, l’uovo intero e i due tuorli. Infine, incorporate la farina setacciata, mescolando e lavorando l'impasto fino ad ottenere una pasta liscia ed omogenea.

 

Lasciate riposare per 10 minuti poi e stendete l’impasto su un ripiano infarinato dandogli mezzo cm di spessore e ricavate 12 quadrati di circa 7 x 7 cm.

 

Accoppiate le mezze albicocche, mettendo al centro un po' di marmellata, e avvolgetele con i quadrati di iimpasto fino a formare dei grossi gnocchi rotondi.

Se utilizzate albicocche fresche, inseritene una intera all'interno di ogni gnocco, sostituendo il nocciolo con un quadratino di zucchero

Lessate gli gnocchi in acqua bollente per 10 minuti a fuoco dolce, mescolandoli delicatamente per evitare che si attacchino.

Nel frattempo, sciogliete il burro rimanente in una padella, aggiungete il pane grattugiato e fatelo dorare mescolando.

 

Scolate gli gnocchi, trasferiteli nella padella con il pangrattato rosolato e rigirateli con cura finché saranno completamente ricoperti.

 

Servite, infine, gli gnocchi caldi e cospargeteli con un po' di cannella o zucchero a velo.

 

Ed ora gustate questa vera dolcezza nordica!

 

In Austria esiste una variante con le prugne, i Zwetschgenknödel, che possono essere serviti con gelato, crema alla vaniglia o semplicemente da soli, spolverati di zucchero.

Chersenta: lo Gnocco Fritto Modenese
Chersenta: lo Gnocco Fritto Modenese

Paola Uberti, autrice e fondatrice del food blog Libricette, una biblioteca online dedicata ai ricettari di cucina, oggi non ci parla solo di una ricetta, ma ci racconta una storia.

 

“C’era una volta una donna nata nel 1899 a Spilamberto, un piccolo comune in provincia di Modena. In famiglia la chiamavamo affettuosamente Lucci, da Mariuccia. Dopo la Prima Guerra Mondiale, Lucci si trasferì a Torino, a soli 20 anni, e lì, negli anni successivi, diventò mamma e poi mia nonna".

"Nonna Lucci, in Piemonte, seppe tenere alto, altissimo, l’onore della cucina emiliana tradizionale. Oltre ai Turtléin (Tortellini) preparava la Chersenta fritta (Crescenta fritta o Gnocco fritto modenese) per tutta la famiglia."

"Nella casa di campagna della mia famiglia, quando la parola chersenta (piemontesizzata in carsenta) attraversava l’aria, tutti eravamo felici. Entravamo in cucina, andando a caccia di un pezzo di chersenta appena fritto, caldo e fragrante".

"Al momento di mettersi a tavola, mangiavamo la chersenta fritta accompagnandola con della salsa di pomodoro, perché quando nonna Lucci era giovane “mica c’erano i soldi per il prosciutto crudo".

"Con il tempo e grazie all’esperienza maturata in cucina e nel mio blog, ho capito che il cibo è molto più di nutrimento. È un mezzo potentissimo per comunicare, esprimersi e creare ricordi". 


"Vi lascio, quindi, la ricetta della chersenta fritta di nonna Lucci, ringraziando il progetto QUI DA NOI. Fatene tesoro".

 

 

La particolarità di questa chersenta sta nella la presenza dello stracchino nell’impasto, che la rende un irresistibile connubio di croccantezza e morbidezza.

 

 

Ingredienti (per 6 persone)

 

  • 3 g di lievito di birra secco
  • Latte intero fresco q.b.
  • 250 g di farina 00
  • 65 g di stracchino
  • Sale q.b.
  • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
  • Olio di semi di arachidi in abbondanza (per friggere)

 

Per accompagnare:

 

  • Passata di pomodoro q.b.
  • Olio extravergine di oliva q.b.
  • Sale q.b.
  • Pepe nero macinato al momento q.b.

 

 

Procedimento

 

Sciogliete il lievito di birra in un po’ di latte tiepido, mescolate e lasciate riposare per 5 minuti.

 

Setacciate la farina sulla spianatoia, creando il classico vulcano e versate, al centro del cratere. la miscela di latte e lievito, aggiungendo un altro po’ di latte per facilitare l’impasto.

Unite lo stracchino a pezzetti e incorporate gli ingredienti, portando la farina dall’esterno verso l’interno. Aggiungete il sale e l’olio, impastate per almeno 10 minuti fino a ottenere un composto morbido ma non appiccicoso. L'impasto può essere realizzato anche con l'uso di una planetaria.

Con l’impasto ottenuto formate una palla e trasferitela in una capiente ciotola infarinata. Copritela con della pellicola e lasciatela lievitare per un’ora nel forno spento con luce accesa.

 

Nel frattempo, condite la passata di pomodoro con olio, sale e pepe e tenetela da parte.

 

Dopo la lievitazione, scaldate abbondante olio in una padella a 175°C. Verificate la temperatura con un termometro o immergendo un piccolo pezzo di impasto: se scende sul fondo per poi salire subito a galla, l’olio è pronto.

La temperatura dell’olio è fondamentale. Se è troppo bassa la Chersenta si impregna, risultando unta, pesante e molle. Se, al contrario, la temperatura è troppo alta, la Chersenta brucia sviluppando sostanze dannose.

 

Stendete la pasta in forma triangolare, quindi, usando una rotella liscia, tagliatela a losanghe di 7,5 x 2,5 cm.

Friggete poche losanghe per volta, girandole dopo pochi istanti. Non appena il lato immerso nell’olio sarà dorato, rivoltatele nuovamente e completate la cottura.  La Chersenta Fritta Modenese deve risultare dorata, gonfia e non eccessivamente croccante.

Mano a mano, scolate le losanghe dall’olio e appoggiatele su un piatto foderato con carta assorbente, salandole a piacimento.

 

Servite la Chersenta fritta calda con la passata di pomodoro condita.

 

 

NOTE

 

  • Per tradizione, si può usare lo strutto al posto dell’olio di arachidi.
  • Smaltite l’olio usato in modo corretto, rivolgendovi a centri di raccolta dedicati, come le isole ecologiche. Per qualsiasi informazione al riguardo è possibile rivolgersi al proprio Comune di residenza.