BUONO, SANO E SOSTENIBILE
SPEDIZIONE GRATUITA con 80€ di spesa
LA QUALITÀ AL KM "GIUSTO"

I post taggati con "tradizione"

Chersenta: lo Gnocco Fritto Modenese
Chersenta: lo Gnocco Fritto Modenese

Paola Uberti, autrice e fondatrice del food blog Libricette, una biblioteca online dedicata ai ricettari di cucina, oggi non ci parla solo di una ricetta, ma ci racconta una storia.

 

“C’era una volta una donna nata nel 1899 a Spilamberto, un piccolo comune in provincia di Modena. In famiglia la chiamavamo affettuosamente Lucci, da Mariuccia. Dopo la Prima Guerra Mondiale, Lucci si trasferì a Torino, a soli 20 anni, e lì, negli anni successivi, diventò mamma e poi mia nonna".

"Nonna Lucci, in Piemonte, seppe tenere alto, altissimo, l’onore della cucina emiliana tradizionale. Oltre ai Turtléin (Tortellini) preparava la Chersenta fritta (Crescenta fritta o Gnocco fritto modenese) per tutta la famiglia."

"Nella casa di campagna della mia famiglia, quando la parola chersenta (piemontesizzata in carsenta) attraversava l’aria, tutti eravamo felici. Entravamo in cucina, andando a caccia di un pezzo di chersenta appena fritto, caldo e fragrante".

"Al momento di mettersi a tavola, mangiavamo la chersenta fritta accompagnandola con della salsa di pomodoro, perché quando nonna Lucci era giovane “mica c’erano i soldi per il prosciutto crudo".

"Con il tempo e grazie all’esperienza maturata in cucina e nel mio blog, ho capito che il cibo è molto più di nutrimento. È un mezzo potentissimo per comunicare, esprimersi e creare ricordi". 


"Vi lascio, quindi, la ricetta della chersenta fritta di nonna Lucci, ringraziando il progetto QUI DA NOI. Fatene tesoro".

 

 

La particolarità di questa chersenta sta nella la presenza dello stracchino nell’impasto, che la rende un irresistibile connubio di croccantezza e morbidezza.

 

 

Ingredienti (per 6 persone)

 

  • 3 g di lievito di birra secco
  • Latte intero fresco q.b.
  • 250 g di farina 00
  • 65 g di stracchino
  • Sale q.b.
  • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
  • Olio di semi di arachidi in abbondanza (per friggere)

 

Per accompagnare:

 

  • Passata di pomodoro q.b.
  • Olio extravergine di oliva q.b.
  • Sale q.b.
  • Pepe nero macinato al momento q.b.

 

 

Preparazione

 

1. Sciogliete il lievito di birra in un po’ di latte tiepido, mescolate e lasciate riposare per 5 minuti.

 

2. Setacciate la farina sulla spianatoia, creando il classico vulcano e versate, al centro del cratere. la miscela di latte e lievito, aggiungendo un altro po’ di latte per facilitare l’impasto.

 

3. Unite lo stracchino a pezzetti e incorporate gli ingredienti, portando la farina dall’esterno verso l’interno. Aggiungete il sale e l’olio, impastate per almeno 10 minuti fino a ottenere un composto morbido ma non appiccicoso. L'impasto può essere realizzato anche con l'uso di una planetaria.

 

4. Con l’impasto ottenuto formate una palla e trasferitela in una capiente ciotola infarinata. Copritela con della pellicola e lasciatela lievitare per un’ora nel forno spento con luce accesa.

 

5. Nel frattempo, condite la passata di pomodoro con olio, sale e pepe e tenetela da parte.

 

6. Dopo la lievitazione, scaldate abbondante olio in una padella a 175°C. Verificate la temperatura con un termometro o immergendo un piccolo pezzo di impasto: se scende sul fondo per poi salire subito a galla, l’olio è pronto.

La temperatura dell’olio è fondamentale. Se è troppo bassa la Chersenta si impregna, risultando unta, pesante e molle. Se, al contrario, la temperatura è troppo alta, la Chersenta brucia sviluppando sostanze dannose.

 

7. Stendete la pasta in forma triangolare, quindi, usando una rotella liscia, tagliatela a losanghe di 7,5 x 2,5 cm.

 

8. Friggete poche losanghe per volta, girandole dopo pochi istanti. Non appena il lato immerso nell’olio sarà dorato, rivoltatele nuovamente e completate la cottura.  La Chersenta Fritta Modenese deve risultare dorata, gonfia e non eccessivamente croccante.

Mano a mano, scolate le losanghe dall’olio e appoggiatele su un piatto foderato con carta assorbente, salandole a piacimento.

 

9. Servite la Chersenta fritta calda con la passata di pomodoro condita.

 

 

Tips & Salute

 

  • Per tradizione, si può usare lo strutto al posto dell’olio di arachidi.
  • Smaltite l’olio usato in modo corretto, rivolgendovi a centri di raccolta dedicati, come le isole ecologiche. Per qualsiasi informazione al riguardo è possibile rivolgersi al proprio Comune di residenza.
Come Preparare la Marmellata di Cipolle Rosse di Tropea
Come Preparare la Marmellata di Cipolle Rosse di Tropea

Quando siamo in vacanza, capita spesso di acquistare souvenir gastronomici per portare con noi quei piacevoli sapori scoperti durante il viaggio. 


Se siete appena tornati dalla Calabria, oltre a salumi, formaggi e peperoncino, siamo certi avrete portato con voi un po’ di cipolle rosse di Tropea. Questo straordinario prodotto, dal gusto dolce, intenso e inconfondibile, è una delle eccellenze del territorio calabrese e ha ottenuto la denominazione IGP (Indicazione Geografica Protetta) nel 2008.

 

Le cipolle rosse di Tropea non sono solo deliziose, ma anche un autentico elisir di salute. Tra le loro numerose proprietà, spiccano quelle diuretiche, lassative, antisettiche e antiasmatiche. Sono altamente digeribili, ricche di vitamine e minerali essenziali, e contengono pochissimi grassi: ideali per chi segue una dieta ipocalorica. Inoltre, aiutano a regolare il colesterolo, rafforzano il sistema immunitario e possono persino ridurre il rischio di alcune malattie croniche.

 

Un’idea golosa per valorizzare questo straordinario prodotto è preparare una marmellata di cipolle rosse di Tropea. Perfetta per accompagnare formaggi stagionati o freschi, sia di mucca che di capra, questa marmellata trasforma un semplice tagliere in un’esperienza gourmet. Una volta provata, diventerà un must della vostra dispensa!

 

 

Ricetta: ecco come preparare la marmellata di cipolle Rosse di Tropea.

 

 

Ingredienti

  • 600 g di cipolle rosse di Tropea
  • 100 g di zucchero di canna
  • Succo filtrato di 1 limone
  • 100 g di pinoli
  • 1 foglia di alloro
  • Bacche di ginepro q.b.
  • Sale q.b.

 

 

Procedimento:

 

1. Preparazione delle cipolle: pelate e affettate finemente le vostre cipolle rosse di Tropea.

 

 

2. Prima cottura: in una casseruola capiente, unite le cipolle affettate, lo zucchero di canna, il succo di limone e un pizzico di sale. Cuocete a fuoco lento per un’ora, mescolando di tanto in tanto.

 

 

3. Aggiunta degli aromi: a metà cottura, aggiungete la foglia di alloro, le bacche di ginepro e i pinoli. Continuate a mescolare per evitare che la marmellata si attacchi al fondo della casseruola. Quando le cipolle saranno morbide e il composto avrà raggiunto una consistenza densa, eliminate la foglia di alloro.

 

 

4. Invasatura: versate immediatamente la marmellata ancora calda nei vasetti sterilizzati, riempiendoli fino all’orlo. Chiudete ermeticamente e capovolgete i vasetti, lasciandoli raffreddare completamente per creare il sottovuoto.

 

 

5. Riposo: per ottenere il massimo del sapore, lasciate riposare la marmellata almeno 3-4 settimane prima di consumarla.

 

 

 

Come e quanto si conserva?

 

Consigliamo di conservare la vostra marmellata fatta in casa in un luogo fresco e asciutto, lontano da fonti di calore e sbalzi di temperatura. Consumatela entro 3 mesi.

Una volta aperto il vasetto, riponetelo in frigorifero e consumate la vostra marmellata di cipolle rosse di Tropea entro 5-7 giorni per mantenere intatto il sapore.

 

 

Con questa marmellata, ogni assaggio vi riporterà con la mente alla soleggiata Calabria!

Lasagne al Forno con Ragù di Patate
Lasagne al Forno con Ragù di Patate

Le lasagne al forno occupano senza dubbio un posto d’onore tra i piatti più amati della cucina italiana. Composte da sfoglie di pasta all’uovo, tagliate in fogli rettangolari, le lasagne vengono prima bollite, poi disposte in strati e farcite seguendo le diverse tradizioni locali.

 

Le origini di questo celebre piatto risalgono all’Emilia-Romagna: la prima testimonianza scritta si trova nei Memoriali Bolognesi del 1282.

 

Oggi vi proponiamo una deliziosa variante genovese, caratterizzata da un ragù di patate arricchito con timo, prezzemolo e un tocco speciale di lardo al basilico.

 


Ingredienti (per 4-6 persone)

 

  • 250 g di lasagne fresche
  • 3 patate
  • 150 g di carne macinata di manzo
  • 50 g di prosciutto cotto
  • 1/2 cipolla
  • 4/5 rametti di prezzemolo fresco  

 

 

 Ingredienti per la salsa:

  • 1/2 cipolla
  • 50 g di lardo al basilico
  • 100 g di pisellini
  • 700 g di passata di pomodoro
  • 4/5 rametti di timo fresco
  • Olio extravergine d’oliva q.b.
  • 60 g di formaggio a pasta filata
  • Sale q.b.

 

 

Procedimento

 

1. Preparate la farcitura.

 

Lavate le patate e lessatele con la buccia in una pentola d’acqua bollente per circa 35 minuti. Una volta cotte, scolatele, pelatele e passatele con uno schiacciapatate. Conservate la purea in una ciotola. In una padella, scaldate un filo d’olio e aggiungete la cipolla tritata e la carne macinata. Lasciate stufare a fuoco dolce per 4-5 minuti, mescolando di tanto in tanto.

Unite alla carne il prosciutto cotto tritato, il prezzemolo, la purea di patate e un pizzico di sale. Mescolate bene per amalgamare gli ingredienti. 

 

2. Preparate la salsa per il condimento.

 

In una padella, scaldate un filo d’olio e aggiungete la cipolla tritata, i pisellini e il lardo al basilico. Fate rosolare a fuoco dolce per qualche minuto.

Versate la passata di pomodoro, aggiungete mezzo bicchiere d’acqua e le foglie di timo. Dopo circa 5 minuti, unite la farcitura di carne e patate preparata in precedenza. Mescolate bene il tutto, regolate di sale e proseguite la cottura a fuoco dolce, per circa 10 minuti. Togliete dal fuoco e mettete da parte.

 

3. Cuocete assemblate le lasagne.

 

Preriscaldate il forno a 190°.

Lessate le lasagne poche alla volta in abbondante acqua salata. Scolatele delicatamente e adagiatele su un canovaccio pulito per farle asciugare.

In una teglia, stendete un leggero strato di salsa sul fondo, quindi disponete un primo strato di lasagne. Aggiungete un altro strato di salsa, questa volta più generoso, e spolverate con il formaggio grattugiato. Continuate ad alternare gli strati fino a terminare gli ingredienti.

Cuocete in forno per circa 20-25 minuti, fino ad ottenere una superficie ben dorata.

 

Consigliamo di servirle calde, abbinate a un vino bianco aromatico o a un rosso giovane per esaltarne il sapore.

 

 

Buon appetito!

Salame di Tonno alla Piemontese
Salame di Tonno alla Piemontese

Con l’arrivo dell’autunno, è naturale sentirsi attratti da sapori consistenti ed avvolgenti, più adatti ad una stagione fredda che invita alla riflessione e all’introspezione. Piatti che sanno di casa e offrono conforto e tradizione ad ogni boccone.

 

Oggi, vogliamo portarvi nel cuore del patrimonio enogastronomico del Piemonte, proponendovi il salame di tonno, un piatto semplice ma gustoso.

Nonostante il Piemonte sia una regione senza sbocco sul mare, la sua cucina è ricca di influenze marine grazie alla vicinanza con la Liguria e ai commerci lungo la storica Via del Sale. Acciughe e tonno sono divenuti, infatti, protagonisti di numerose preparazioni tradizionali.

 

La ricetta di oggi è quella di Paola Uberti, foodblogger torinese e fondatrice di Libricette, libreria on-line dedicata ai ricettari di cucina. Questo salame di tonno alla piemontese è un omaggio alla mamma di Paola, che sempre lo serviva con la maionese fatta in casa o con gelatina.

 

Ingredienti (per 4 persone)

 

  • 250 g di tonno sott’olio extravergine di oliva
  • 4 acciughe sotto sale
  • 4 cucchiai di pangrattato (se preferite, senza glutine)
  • 2 uova
  • Un abbondante pugno di foglie di prezzemolo fresco
  • Sale q.b.
  • Pepe nero macinato al momento q.b.


Procedimento



1. Dissalate le acciughe sotto acqua corrente, rimuovendo le lische. Asciugatele delicatamente con carta da cucina.

 

2. In un mixer, frullate il tonno e le acciughe fino ad ottenere un composto omogeneo. Trasferite tutto in una ciotola e unite il prezzemolo finemente tritato e il pangrattato. Sbattete le uova con una forchetta e amalgamatele al composto. Regolate di sale (con moderazione, poiché acciughe e tonno sono già sapidi) e aggiungete una generosa macinata di pepe. Lavorate il tutto per ottenere un impasto compatto e asciutto. Modellate l’impasto dandogli una forma cilindrica.

 

3. Inumidite un canovaccio pulitissimo, preferibilmente a trama quadrettata, per conferire al salame un aspetto autentico simile a quello di un insaccato. Avvolgete il cilindro di salame di tonno nel canovaccio e chiudete le estremità a caramella, legandole saldamente con spago da cucina.

 

4. Portate a ebollizione un’abbondante quantità di acqua in una pentola di grandi dimensioni, che sia ovale o rettangolare. Immergetevi, quindi, il salame avvolto nel canovaccio e cuocetelo a fiamma media per 20-30 minuti, finché non risulterà ben rassodato.

A termine della cottura, rimuovete il salame di tonno dall’acqua e lasciatelo intiepidire.

 

5. Slegate lo spago, eliminate il canovaccio e lasciate raffreddare completamente. Affettatelo e servitelo accompagnato da una maionese fatta in casa per esaltarne il gusto.

 

 

6. Questo piatto si presta perfettamente come antipasto raffinato o secondo piatto leggero. La sua semplicità di preparazione e il suo sapore unico lo rendono una scelta vincente per portare in tavola un po’ di autentica tradizione piemontese.

 

 

Buon appetito!

Cartocci di Cavolfiore al Forno in Pastella Integrale
Cartocci di Cavolfiore al Forno in Pastella Integrale

Il cibo di strada affonda le sue radici in tradizioni antiche, sia in Italia che nel resto del mondo, e negli ultimi anni ha conquistato un successo straordinario nelle nostre piazze e nei mercati.

Mangiare con le mani in contesti informali e rilassanti continua a piacerci.

 

Lo street food è sinonimo di immediatezza: è "qui, adesso e subito". Rappresenta condivisione, socializzazione, cultura di luoghi e popoli.

 

In Italia, gli eventi dedicati allo street food sono ormai innumerevoli: camioncini, bancarelle e ristorantini su quattro ruote diffondono nell'aria irresistibili profumi di fritture, cotture al forno e alla piastra. Anche le librerie sono invase da pubblicazioni a tema, segno di un interesse sempre crescente.

Mangiare per strada è parte della nostra cultura, un modo di nutrirci e divertirci che ci rallegra e che si adatta bene ai tempi di crisi economica. Gli esperti concordano: il successo dello street food risiede nella sua accessibilità economica, nella rapidità, nell'immediatezza e nel suo potere di comfort food.

 


Anche grandi chef si sono confrontati con lo street food replicando ricette tradizionali o creando nuove proposte ad hoc, contribuendo ad ampliare e innovare il concetto stesso.

Da pane e panelle allo gnocco fritto, dalle bombette pugliesi alla farinata, dalle olive all’ascolana alle pizze fritte, dagli arrosticini di pecora alle piadine, dai gofri alle miacce piemontesi fino agli internazionali hot dog e bretzel, i confini dello street food si sono espansi.

Tutto può diventare street food. La strada si è trasformata in una vera alternativa alla tavola: possiamo gustare agnolotti piemontesi, orecchiette baresi, sushi, paella e molto altro in pratici cartocci e contenitori.

 


Oggi, proviamo a portare un po’ di strada nelle vostre case con una proposta semplicissima: cartoccio di cime di cavolfiore lessato, rivestite con una sottile pastella a base di farina integrale. La cottura è al forno: leggerissima.

 

Buona passeggiata tra le mura domestiche!

 

Ingredienti (per 4 persone)

 

  • 1 cavolfiore di circa 650 gr
  • 150 ml di acqua
  • 120 g di farina integrale
  • 2 cucchiai di Olio extravergine di oliva
  • 1/2 cucchiaino di lievito per dolci
  • Sale fino q.b.
  • Pepe nero macinato al momento q.b.

 

Preparazione

 

1. Eliminate le foglie e il torsolo dal cavolfiore (potete riutilizzarli per minestroni o una vellutate) e dividetelo in cime non troppo piccole e uniformi.

Lessatele in abbondante acqua leggermente salata per circa 10 minuti, fino a renderle tenere ma ancora croccanti.

Scolatele e lasciatele raffreddare.

 

2. Preriscaldate il forno a 180° in modalità ventilata. Nel frattempo mescolate la farina e il lievito, aggiungendo poca acqua alla volta per ottenere una pastella liscia e priva di grumi.

La consistenza dovrà essere tale da velare il cucchiaio e aderire bene alle cime di cavolfiore.

 

3. Aggiungete l'olio, il pepe macinato fresco e una generosa presa di sale. Continuate a mescolare.

 

4. Immergete delicatamente le cime di cavolfiore nella pastella, eliminando l'eccesso.

Disponetele su una teglia foderata con carta da forno e cuocetele a 180°C per 20 minuti.

 

5. Preparate due cartocci con carta per fritti.

 

6. Spostate la teglia nella parte alta del forno e completate la cottura sotto il grill molto caldo fino a ottenere una leggera doratura. Sfornate, regolate di sale se necessario e trasferite le cime nei cartocci.

Servitele subito per assaporarne la croccantezza e il gusto autentico.

 

 

Tips & Abbinamenti

 

Si consiglia di abbinarlo con

  • Salsa allo yogurt e limone
  • Salsa tahina (per un tocco mediorientale)

 

Per accompagnare, un bicchiere di vino bianco fresco e fruttato, come un Vermentino di Gallura DOCG o un Sauvignon Blanc, completerà perfettamente l'esperienza.

Insalata di Calamarata Sciuè Sciuè
Insalata di Calamarata Sciuè Sciuè

La ricetta che vi proponiamo quest’oggi è un primo piatto dai sapori autentici e genuini.

 

La calamarata sciuè sciuè prende il nome da un'espressione del dialetto napoletano che significa letteralmente “alla buona, semplicemente”. Difatti, oltre ad essere semplice da preparare, è fatta di ingredienti gustosi, genuini e di alta qualità.

Per realizzarla, abbiamo selezionato eccellenze gastronomiche del territorio, prodotti nati in seno a cooperative agricole e piccoli produttori.

 

La pasta. Abbiamo scelto una calamarata di semola di grano duro biologico, prodotta dalla Società Cooperativa Daunia & Bio.

Questa cooperativa di agricoltori, situata nel territorio di Foggia, si distingue per la qualità e la sostenibilità delle sue produzioni.

Le semole ottenute dalla macinazione sono sono ricche di proprietà nutrizionali, che conferiscono alla pasta una straordinaria resistenza alla cottura e un affascinante colore ambrato.

Un prodotto di qualità dal valore sociale: i produttori di Daunia & Bio promuovono la valorizzazione dei territori a nord della Puglia ed escludono l’uso di prodotti chimici, quali concimi, insetticidi, fungicidi, diserbanti, promuovendo al contempo la tutela del territorio e la salute dei consumatori.

 


L’olio extravergine di oliva DOP.  L’olio utilizzato è di oliva San Martino prodotto in Puglia dall’Azienda Agricola Masseriola con spremitura a freddo.
L’azienda segue i metodi dell’agricoltura biologica per la coltivazione dell’olivo dal 1996.

Questo olio è certificato DOP (Denominazione di Origine Protetta) “Dauno” e si distingue per il suo colore che varia dal verde al giallo, il suo sapore fruttato con note equilibrate di amaro e piccante, e i profumi che richiamano la frutta fresca. Riconosciuto a livello internazionale, rappresenta un’eccellenza pugliese.

 

 

Ingredienti (per 4 persone)

 

  • 320 g di Calamarata Società Cooperativa Daunia & Bio
  • 3 peperoni (1verde, 1giallo, 1 rosso)
  • 4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva DOP San Martino (Azienda Agricola Masseriola)
  • 2 cucchiai di capperi sotto sale
  • 3 cucchiai di olive taggiasche
  • Origano q.b.
  • Sale q.b.

 

 

Preparazione

 

1.  Dissalate i capperi tenendoli a bagno per circa 20 minuti e cambiando più volte l’acqua.

 

2. Nel frattempo, lavate i peperoni, pelateli con un apposito pela verdure (o pelapatate) tagliateli a metà, eliminate i semi e le coste bianche, quindi riduceteli in listarelle sottili.

 

3. In una padella, scaldate 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva. Aggiungete le listarelle di peperoni e fatele rosolare per circa 10 minuti, mescolando di tanto in tanto.

Unite i capperi dissalati, le olive taggiasche e una spolverata di origano, prodseguendo la cottura per altri 5 minuti. Assaggiate e regolate di sale, considerando la naturale sapidità di capperi e olive. Lasciate raffreddare il condimento e riponetelo in frigorifero.

 

4. Cuocete la calamarata in abbondante acqua salata seguendo le indicazioni riportate sulla confezione (20-25 minuti per la calamarata Daunia & Bio). Una volta cotta, scolatela e trasferitela in un piatto da portata. Condite con un filo d’olio extravergine d’oliva e lasciatela raffreddare completamente.

Quando la calamarata sarà completamente raffreddata, aggiungete il preparato e mescolate delicatamente.

 

5. Servite la calamarata sciuè sciuè a temperatura ambiente, per assaporare al meglio i suoi profumi e sentori.

 

Un piatto che è un viaggio nei sapori autentici del Sud, realizzato con ingredienti che rispettano la terra e la tradizione.

 

 

Buon appetito!

Fresella Pomodorini, Acciughe e Formaggio
Fresella Pomodorini, Acciughe e Formaggio

La fresella rappresenta una variante del classico "pezzo di pane", realizzata con un processo di doppia cottura che ne garantisce una lunga conservazione e una fragranza che il pane tradizionale non sarebbe in grado di mantenere nel tempo.


Questa specialità tipicamente meridionale viene tradizionalmente condita con un’insalata di pomodori freschi e acciughe salate, ma nella nostra proposta di oggi abbiamo deciso di arricchirla con ingredienti d’eccellenza. Abbiamo, infatti, aggiunto del formaggio misto al peperoncino e la cipolla rossa di Tropea IGP.

 

Per realizzare il nostro pranzo veloce dai sapori meridionali, abbiamo selezionato ingredienti d’eccellenza cooperativa.

 

Il formaggio misto al peperoncino, è prodotto da Trevalli – Cooperlat ed è uno dei simboli della tradizione dell’appennino marchigiano.

 

Le freselle, ingrediente iconico della tradizione pugliese, ci vengono fornite dalla cooperativa agricola e sociale Semi di Vita, di Bari.  

 

Ingredienti

 

  • 1 fresella grande Semi di Vita
  • 2 fette di formaggio misto al peperoncino Trevalli - Cooperlat
  • 2 filetti di alici sott’olio
  • 5 pomodorini rossi
  • 5 pomodorini gialli
  • 1 cipolla Rossa di Tropea IGP di piccole dimensioni
  • Olio extra vergine di oliva q.b.
  • Basilico q.b.
  • Origano q.b.
  • 1 spicchio d’aglio
  • Sale q.b.

 

 

Preparazione

  • Tagliate i pomodorini gialli e rossi in un recipiente, unitevi la cipolla di Tropea finemente tagliate e condite con olio extravergine, uno spicchio di aglio intero, origano e basilico. Lasciate riposare in frigo per 3-4 ore circa, per permettere agli ingredienti di amalgamarsi perfettamente.

 

  • Tagliate il formaggio a cubetti e mettetelo da parte.

 

  • Ammorbidite la fresella passandola sotto l’acqua corrente per due-tre volte, quindi adagiatela su un piatto.

 

  • Condite la fresella con l’insalata di pomodorini e cipolla di Tropea, aggiungete una generosa manciata di cubetti di formaggio e 3-4 acciughe a piacere.

 

 

Facile da preparare e ideale per un pranzo leggero e gustoso, è la soluzione perfetta per chi desidera portare in tavola i profumi e i sapori del Sud Italia con un tocco di originalità.

 

 

Buon appetito!

Cosa si mangia il 1° Maggio?
Cosa si mangia il 1° Maggio?

Un po' di Storia

 

La Festa dei Lavoratori, istituita in occasione della Seconda Internazionale di Parigi del 1889, si celebra, ogni anno, il 1º maggio in numerosi paesi del mondo, per commemorare le lotte per i diritti dei lavoratori e le conquiste ottenute nel tempo.

 

Il cammino verso la dignità sul lavoro cominciò negli Stati Uniti, dove il 1º maggio 1867, nello Stato dell’Illinois, fu approvata una legge che introdusse, per la prima volta, la giornata lavorativa di otto ore. A Chicago, circa 10.000 operai sfilarono per le strade rivendicando la riduzione dell’orario di lavoro da 12 a 8 ore, una richiesta nata dalla necessità di porre fine alle condizioni lavorative estenuanti.

 

Pochi anni dopo, sempre a Chicago, il 1º maggio 1886, migliaia di lavoratori scesero nuovamente in piazza.  La protesta, che avrebbe dovuto essere pacifica, degenerò: durante uno sciopero nella fabbrica McCormick, la polizia aprì il fuoco sui manifestanti. Nei giorni successivi, durante un comizio in piazza Haymarket, l’esplosione di una bomba causò ulteriori morti e feriti. Le repressioni furono feroci, culminando nell’impiccagione di alcuni attivisti, che passarono alla storia come i "martiri di Chicago".

 


In Italia, la giornata lavorativa di otto ore fu introdotta solo nel 1919. Durante il regime fascista, la Festa dei Lavoratori fu soppressa, ma venne ripristinata ufficialmente con la proclamazione della Repubblica, diventando un simbolo di libertà e giustizia sociale.

 

Cibo e 1º Maggio: Tradizioni Locali



Sebbene il 1º maggio non sia legato a tradizioni gastronomiche condivise su scala nazionale, il cibo occupa comunque un ruolo importante, spesso associato a momenti conviviali e gite fuori porta. Tra le immagini più tipiche ci sono grigliate all’aperto, con carne, pesce o verdure, torte rustiche, panini e piatti semplici.


Tuttavia, in alcune regioni italiane, il 1º maggio è celebrato con piatti tradizionali dal forte valore simbolico e storico.

 

  • A Roma e Lazio, la festa implica scampagnate con annessa abbuffata di fave e pecorino. In particolare, le fave celebravano la dea Flora, protettrice della natura e della rinascita. Il pecorino si lega e viene generalmente associato a questo territorio. Oggi, questo ingrediente di tante ricette è infatti certificato come Pecorino Romano D.O.P. (denominazione di origine protetta).

 

  • A Teramo protagonista è il piatto delle Virtù, una ricca zuppa che mescola legumi secchi e freschi, circa venti varietà di verdure, cotenne e pasta all’uovo. Originariamente un piatto “di recupero” oggi è una prelibatezza celebrativa della primavera.

 

  • A Leni, sull’isola di Santa Marina Salina, per il primo maggio si prepara la tipica “tavuliata”, una tavolata per i poveri durante la quale ai fedeli viene offerta soprattutto pasta con ceci e legumi vari. L’origine religiosa si questa celebrazione si deve a Papa Pio XII, il quale il 1° maggio istituì la festa di San Giuseppe artigiano, per far sì che la Festa del Lavoro potesse essere condivisa anche dai cattolici.

 

  • A Montemaggiore Belsito (Palermo), invece, si può gustare “la ghiotta”: antipasto preparato con più di dodici ingredienti, tra verdure e frutta secca.

 

  • A Forlì, il primo maggio coincide anche con la festa del Santo Patrono della città che si celebra con la Sagra dei Cedri, un’occasione per gustare prelibatezze a base di questo agrume.

 

  • In provincia di Tuoro (Sardegna), c’è la festa di San Francesco a Lula. In onore del santo si mangia il su filindeu, una minestra cotta nel brodo di pecora e condita con formaggio, ed il su zurrette, un sanguinaccio.

 

  • A Volterra (Toscana) non c'è 1° maggio senza trippa al sugo, un piatto che rende omaggio ai lavoratori delle cave di alabastro. La trippa è servita insieme a baccelli, formaggi, affettati e vino, ma attenzione: questa colazione abbondante si consuma di prima mattina, per iniziare la giornata con energia!

 


Buon 1° maggio a tutti!

 

La Festa dei Lavoratori è una giornata di riflessione, condivisione e convivialità. Che sia attraverso una passeggiata in mezzo alla natura, una ricca grigliata tra amici o una celebrazione delle tradizioni locali, è un momento per ricordare il valore del lavoro e le conquiste sociali che hanno migliorato le nostre vite.

Stinco di Maiale al Sugo
Stinco di Maiale al Sugo

Negli ultimi anni, il valore medio della spesa delle famiglie italiane ha registrato un incremento significativo, tutti abbiamo preso coscienza. Tuttavia, con una gestione oculata degli acquisti e la giusta combinazione di ingredienti, è possibile preparare piatti prelibati senza eccedere nei costi, anche a base di carne.

 

La ricetta che vi proponiamo oggi coniuga gusto e convenienza: lo stinco di maiale al sugo, un taglio di carne considerato meno pregiato ma incredibilmente saporito e ricco di consistenza.

Grazie a una marinatura accurata e a una lunga cottura a fuoco basso, preferibilmente in una pentola dal fondo pesante, otterrete un secondo piatto tenero e un sugo perfetto per condire pasta fresca fatta in casa, come lasagne e tagliatelle, o una più rustica polenta.

 

 

Ingredienti per 4 persone

  • 2 stinco di maiale
  • 200 g polpa di pomodoro
  • 1 cipolla grossa
  • 2 carote
  • 1 pezzetto di sedano
  • 2 rametti di rosmarino
  • 1 foglia di alloro
  • Spezie miste macinate q.b.
  • Sale q.b.
  • Olio extravergine d’oliva q.b.

Ingredienti per la marinatura

  • 75 cl di vino rosso
  • 10 grani di pepe
  • 2 chiodi di garofano
  • 1 pezzetto di cannella
  • ½  noce moscata

 


Preparazione

 

Marinatura

1. Scaldate il vino rosso con le spezie fino a raggiungere il bollore; quindi, spegnete il fuoco e lasciate raffreddare.

2. Pulite gli stinchi eliminando il grasso in eccesso senza incidere la carne.

3. Immergete gli stinchi nel vino aromatizzato, assicurandovi che siano completamente coperti.

4. Riponete il recipiente in un luogo fresco o nella parte meno fredda del frigorifero e lasciate marinare per almeno un giorno, meglio ancora due, girandoli di tanto in tanto.

 

 

Cottura

1. Estraete gli stinchi dalla marinata, asciugateli e tenete da parte il vino, filtrandolo per eliminare le spezie.

 

2. In una pentola dal fondo spesso, preferibilmente in ghisa o terracotta, scaldate un filo d'olio extravergine d'oliva e rosolate dolcemente gli stinchi a fuoco basso, girandoli su tutti i lati per ottenere una doratura uniforme.

 

3. Tritate finemente la cipolla, le carote e il sedano; quindi, uniteli alla carne e lasciate insaporire per circa 40 minuti, mantenendo la pentola coperta.

 

4. Aggiungete la polpa di pomodoro e cuocete per altri 15 minuti. Se desiderate un sugo più abbondante, aumentate la quantità di pomodoro.

 

5. Versate due mestoli del vino della marinatura e aggiungete le spezie tenute da parte. Salate a piacere.

 

6. Coprite e lasciate cuocere per un’ora.

 

7. Unite la foglia di alloro e proseguite la cottura per altre due ore, fino a quando la carne risulterà estremamente morbida.

Se necessario, bagnate con ulteriore vino per mantenere la giusta umidità.

 

8 . Servite lo stinco di maiale ben caldo, accompagnato dal suo sugo e dalla vostra scelta di contorno, per un piatto ricco di sapore e tradizione.

 

 

 

Tips & Abbinamenti

 

Ci piace abbinare questo secondo piatto succulento con un buon calice di vino rosso.

Per il nostro stinco di maiale al sugo, la scelta va su un vino di buona struttura e intensità che ne esalti i sapori.

  • Un Chianti Classico DOCG -  vino toscano equilibrato, con tannini moderati e una piacevole freschezza, ideale per accompagnare piatti a base di carne suina.
  • Un Pinot Nero - elegante e profumato, con tannini delicati, che si abbina armoniosamente alla succulenza della carne di maiale.