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Parma - Capitale della Cultura Alimentare
Parma - Capitale della Cultura Alimentare

In questo articolo non ci limiteremo a condividere ricette, ma vi porteremo a esplorare la ricca tradizione gastronomica di una delle città più affascinanti d’Italia: Parma, Capitale Italiana della Cultura 2020+2021.

 

Dichiarata Città Creativa della Gastronomia dall’Unesco nel 2015, Parma vanta un prestigio internazionale grazie alla presenza dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), di Alma, la celebre scuola di cucina internazionale, e di un esclusivo sistema di musei dedicati al cibo. Quella che vi proponiamo è una Parma autentica, culla di tradizioni enogastronomiche che mescolano influenze barocche, illuministe, rivoluzionarie, contadine e imprenditoriali.

 

Tra i suoi prodotti tipici spiccano vere eccellenze del gusto: il Prosciutto di Parma DOP, il Parmigiano Reggiano DOP, il Culatello di Zibello DOP, il Salame di Felino IGP, oltre a prelibatezze locali come il Sorbolino, il Nocino e il Malvasia dei Colli di Parma DOC.
Il legame tra Parma e il cibo: una storia millenaria

 

Le radici del rapporto tra Parma e il cibo affondano nell’epoca romana, quando i prosciutti stagionati nel parmense erano molto apprezzati nella capitale dell’Impero.

Nel Medioevo, invece, i monaci benedettini perfezionarono il processo di produzione del Parmigiano Reggiano, mantenuto pressoché invariato fino a oggi.

Durante l’800, Parma si affermò come centro industriale per la trasformazione del pomodoro e vide nascere un piccolo negozio di panetteria, la Barilla, che si sarebbe trasformato in un leader mondiale nella produzione di pasta e prodotti da forno.

 

Nel '900, Parma fu protagonista di importanti innovazioni alimentari con la nascita della Stazione Sperimentale delle Conserve Alimentari e della Mostra delle Conserve, precorritrice dell’odierno Cibus, la Fiera Internazionale dell’Alimentazione. Nello stesso periodo furono istituiti i Consorzi di tutela dei prodotti tipici, un pilastro della valorizzazione del patrimonio enogastronomico locale.



PIATTI DELLA TRADIZIONE PARMENSE

 

Anolini in brodo


Un’icona della cucina parmense, gli “Anolini” sono piccoli dischetti di pasta dal diametro di circa 2,8 cm, farciti con un impasto di Parmigiano Reggiano, pane grattugiato, tuorlo d’uovo e sugo ristretto di stracotto di manzo. Questo piatto tradizionale, servito rigorosamente in brodo, accompagna tutto l’anno, persino durante Ferragosto, i pranzi e le cene in famiglia.  

 

Bomba di riso


La Bomba di riso è una ricetta scenografica e ricca di sapori. La preparazione originale prevede un ripieno di piccione, anche se oggi vengono spesso utilizzate carni di manzo e maiale. Il riso, cotto in un soffritto classico con brodo di carne, viene disposto a strati in una teglia a forma di ciambella, lasciando spazio al centro per accogliere il ripieno di carne. Dopo essere stato ricoperto con il riso rimanente e infornato, il piatto viene servito con abbondante Parmigiano. Buono, davvero!

 

Rosa di Parma


Un secondo piatto elegante che racchiude l’essenza del territorio. La Rosa di Parma è un rotolo di carne di manzo farcito con Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano e Lambrusco. Questo piatto, dal sapore intenso, si sposa perfettamente con un calice di buon vino rosso locale, rappresentando una delle eccellenze della cucina parmense.

 

Spongata


Tra i dolci tradizionali, spicca la “Spongata”, tipica soprattutto della zona di Busseto. Questa torta dal sapore speziato e aromatico è arricchita con un ripieno di noci, pinoli, uvetta, scorze di cedro, miele e spezie come cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Perfetta per concludere un pranzo dedicato alle delizie di Parma, la Spongata è un dolce che celebra al meglio le tradizioni locali.

 

 

Parma non è solo una città, ma un viaggio nel gusto, nell’arte e nella cultura. Lasciatevi ispirare dalla qualità delle sue tradizioni.

 

 

Curiosità

 

Parma ha vissuto un biennio da Capitale Italiana della Cultura perché nel 2020, al primo anno di nomina, fu costretta a fermarsi per via dell’emergenza COVID-19. il Governo si mosse con decisione e velocemente per rinnovare il mandato per l'anno seguente e permettere lo svolgersi di un calendario ricchissimo di eventi, pronti a raccontare le tante anime della città.

Feste di Non Compleanno
Feste di Non Compleanno

Il "non compleanno" ("unbirthday" in inglese) è un'espressione scherzosa che indica qualsiasi giorno dell'anno, ad eccezione di quello in cui si compie gli anni.

 

Il termine, reso celebre dal mondo della letteratura e dell'animazione, compare nell'opera di Lewis Carroll "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò" (1871). In realtà, nel romanzo il concetto viene accennato da Humpty Dumpty, che spiega ad Alice come sia possibile ricevere doni "ingenetliaci" per 364 giorni all'anno, a differenza di quelli "genetliaci", ricevibili solo nel giorno del proprio compleanno.

 

Tuttavia, il concetto di "non compleanno" è stato reso popolare soprattutto dal film d'animazione Disney "Alice nel Paese delle Meraviglie" (1951). In una delle scene più iconiche, Alice si ritrova a un bizzarro tè in compagnia della Lepre Marzolina, del Cappellaio Matto e di un Ghiro. Durante il dialogo, i personaggi introducono la festosa idea del "non compleanno":

 

  • "Tanti auguri per il tuo non compleanno! Vuoi del tè?"
  • "Cos’è un non compleanno?"
  • "Una festa che puoi celebrare 364 giorni all’anno!"
  • "Questi sono matti", pensò Alice, mentre il Cappellaio le versava del tè... che non esisteva.

 

 

Negli ultimi anni, il concetto di "non compleanno" ha assunto una nuova rilevanza.

Dopo la pandemia di COVID-19 del 2020, molte persone che avevano dovuto festeggiare il proprio compleanno a distanza – magari con una torta virtuale e un coro di "Happy Birthday" su Zoom – hanno scelto di recuperare la celebrazione in un secondo momento.

Durante la fase di riapertura, in particolare tra maggio e luglio, si è diffuso un vero e proprio trend internazionale: la celebrazione dei compleanni posticipati. Oltre ai compleanni, anche lauree, anniversari e altre ricorrenze rimandate a causa del lockdown sono state recuperate, trasformando i mesi primaverili ed estivi in un lungo periodo di festeggiamenti.

 

A conferma di questa tendenza, una rinomata pasticceria di Milano ha persino lanciato una speciale torta di "Non Compleanno", riscuotendo grande successo tra i clienti.

 

 

E quindi, oggi, non ci resta che augurare... un Buon Non Compleanno a tutti!

Cascina DUC: Fatto in Casa
Cascina DUC: Fatto in Casa

Cascina Duc: Tradizione, Natura e Innovazione per il Futuro

 

Cascina Duc è un angolo di terra dove il passato e il presente si fondono in una visione che guarda al futuro. Situata tra Torino e Grugliasco, ai confini di una delle poche aree verdi rimaste nella zona, questa storica cascina risalente al 1790 è un autentico esempio di come la tradizione agricola possa convivere con la modernità, offrendo un patrimonio che non solo arricchisce la storia locale, ma si proietta anche a beneficio delle generazioni future.

 

L'accessibilità è uno degli aspetti più apprezzati della cascina, che è facilmente raggiungibile sia con mezzi pubblici che tramite autostrada. Ma ciò che la rende veramente speciale è la sua integrità. Cascina Duc è una delle ultime, rare testimonianze di cascina agricola in funzione nella zona di Torino, dove la natura e le pratiche agricole tradizionali vengono mantenute vive e floride.

 

Circondata da oltre venti ettari di terreno coltivati a foraggio, cereali e lavanda, la cascina ospita un agriturismo con oltre 100 posti a sedere, dove i visitatori possono assaporare i piatti preparati con ingredienti freschi e naturali. I prodotti locali, come le confetture, la pasta ripiena e le conserve, sono anche in vendita presso il Punto Pastificio-Gastronomia.

Inoltre, l’agri-macelleria all’interno della cascina offre carne pregiata proveniente da un allevamento che rispetta metodi naturali, con bovini liberi di pascolare quotidianamente nei prati circostanti.

 

Nel cuore della cascina, le stalle che si affacciano sull’aia centrale ospitano oltre un centinaio di bovini, allevati con amore e attenzione, il cui benessere si riflette nella qualità delle loro carni.

Le produzioni agricole stagionali e la frutta degli alberi che adornano la struttura sono la base di piatti che raccontano la storia del territorio, preparati con ingredienti freschi e di qualità.

 

Un fiore all’occhiello di Cascina Duc è la sua coltivazione di lavanda, che avvolge la cascina in un profumo inebriante. I filari di questa pianta profumata accolgono i visitatori lungo il lato destro della strada di accesso, mentre la lavanda viene trasformata in una linea di cosmetici certificati, venduti presso il Punto Lavanda.

I visitatori potranno anche assaporare i grissini alla lavanda, i dolci fatti in casa e una pasta integrale aromatizzata con lavanda e rosmarino, un piatto semplice ma straordinario, servito con burro fuso.

 

Oltre alla ristorazione, Cascina Duc offre l’opportunità di partecipare a serate tematiche e di soggiornare nel suo Bed & Breakfast, dove la qualità e l’accoglienza fanno da padrone. Ogni esperienza, dalla cucina alla permanenza, è pensata per far sentire ogni ospite parte di una realtà che è, in ogni aspetto, “fatta in casa”.

 

Cascina Duc non è solo un luogo dove tradizione e innovazione si incontrano, ma è una testimonianza vivente di un modo di vivere e produrre che guarda al futuro, in armonia con la natura e la comunità

Formaggi freschi:  Come Introdurli nello Svezzamento dei Neonati
Formaggi freschi: Come Introdurli nello Svezzamento dei Neonati
Circolano tante teorie relative allo svezzamento. Alcune fondate, altre meno. È normale, quindi, che i neo genitori possano sentirsi confusi.
L’Alimentazione Kosher tra Salute e Religione
L’Alimentazione Kosher tra Salute e Religione

Articolo della dott.ssa Monica Martino, Biologa e Consulente per aziende agroalimentari, Food Blogger.

IG: @bionutrichef

 

L’alimentazione kosher, tra salute e rispetto religioso.

 

Secondo Max Weber, il cibo è un fulcro attorno a cui si sviluppano comunità, etnie, culture e religioni. L'alimentazione non solo modella identità e tramanda memorie condivise, ma può anche creare "confini" culturali. Le regole alimentari, soprattutto se legate alla religione, distinguono le comunità senza per questo semplificarle in stereotipi. Questo legame tra cibo e cultura è stato approfondito anche da studiosi come Roland Barthes, Claude Lévi-Strauss, Mary Douglas, Pierre Bourdieu e Jack Goody.

 

Uno degli esempi più emblematici di connessione tra cibo e precetti religiosi è l’alimentazione ebraica. L’ebraismo, una delle più antiche religioni monoteiste, si configura come un’ortoprassi, in cui il rispetto delle regole permea ogni aspetto della vita quotidiana, compresa la nutrizione. Le norme alimentari ebraiche, tra cui spiccano importanti principi igienici, si sono tramandate quasi immutate nei secoli.

 

Negli ultimi anni, la serie televisiva israeliana Shtisel, incentrata sulla vita di una famiglia di ebrei ultra-ortodossi di Gerusalemme, ha suscitato un crescente interesse verso le tradizioni ebraiche, tra cui le regole alimentari. Approfondiamo quindi il rapporto tra gli ebrei osservanti e il cibo, esaminando i precetti che ne influenzano la scelta e la preparazione.

 

 

Norme igieniche e alimentari


Le norme igieniche e alimentari della religione ebraica trovano la loro origine nella Bibbia, in particolare nell'Antico Testamento. Grazie alla loro profonda connessione con la religione, queste regole si sono mantenute pressoché immutate nel corso dei secoli.

All'interno dell'Antico Testamento, un ruolo centrale è svolto dalla Toràh o Pentateuco, composta da cinque libri (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio), considerati il fondamento della legge ebraica. Accanto alla Toràh, il Talmud assume grande importanza, raccogliendo i commenti e le interpretazioni dei Maestri riguardanti il comportamento corretto da seguire.

  

La religione ebraica non si limita alla dimensione spirituale e morale, ma attribuisce un'importanza significativa anche alla salute fisica. Le leggi alimentari costituiscono un sistema strutturato e dettagliato, in cui la Bibbia indica chiaramente quali alimenti siano permessi e quali vietati, nonché le modalità di preparazione. L'ebraismo sottolinea come anche i gesti più semplici abbiano un valore simbolico e identitario per il credente.

 

L'alimentazione diventa un rito, un mezzo per vivere con rettitudine e affermare la propria identità culturale. Le leggi alimentari ebraiche, tra le più antiche della storia, si tramandano come un dono divino ai discendenti di Abramo e vengono ancora oggi rispettate con scrupolosamente. Questo insieme di regole è noto con il termine Kasherut, che significa "adatto, giusto, appropriato".

  

 

Il concetto di Kosher

 

Gli ebrei definiscono Kosher (puro) gli alimenti conformi alle regole della Kasherut. Nutrirsi con alimenti 'puri' aiuta a mantenere corpo, mente e spirito in equilibrio. Al contrario, gli alimenti proibiti sono detti Tarefá, ovvero "impuri, proibiti".

Solo in situazioni di emergenza è concesso consumare cibi vietati, purché nel rispetto dei principi di moderazione ed equilibrio. Le regole del Kasherut sono numerose e regolano non solo gli alimenti, ma anche la loro preparazione e il loro consumo.

 

Gli alimenti permessi nella religione ebraica includono:

 

  • Animali terrestri ruminanti e con zoccolo fesso, macellati secondo il rito ebraico.
  • Pesci con pinne e squame.
  • Frutta, verdura, cereali e derivati.
  • Uova.
  • Formaggi certificati da un rabbino per garantire l’uso di caglio vegetale o proveniente da animali macellati secondo la Kasherut.
  • Vino prodotto esclusivamente da ebrei secondo specifiche procedure tradizionali.

 

Le regole del Kasherut sono molto più articolate di quanto possa sembrare da questo elenco, soprattutto per quanto riguarda la preparazione e il consumo di carne e latticini. Alcuni studiosi ritengono che questa complessità miri a scoraggiare l’eccessivo consumo di proteine animali a favore di una dieta vegetale più equilibrata e salutare.

 

 

I divieti fondamentali

 

Le norme alimentari ebraiche si basano su cinque divieti fondamentali, che influenzano sia la preparazione domestica che la produzione industriale di cibo:

 

Divieto di consumare il sangue

Nella religione ebraica il sangue ha un valore simbolico elevato, rappresentando il soffio vitale. Ingerirlo significherebbe appropriarsi della vita di un essere vivente, un atto considerato inaccettabile. Tale divieto riguarda solo l’impiego del sangue in cucina.

 


Il divieto di cibarsi di alcune parti del grasso dei quadrupedi domestici

Alcune parti grasse degli animali, destinate anticamente a scopi liturgici, non possono essere consumate (grasso addominale, grasso dei fianchi e la capsula adiposa renale). Questo divieto mira a ricordare la sacralità della vita e il limite del dominio umano sugli esseri viventi.

 

    • il consumo del grasso addominale che ricopre alcune parti del tubo digerente, la superficie diaframmatica, la milza e il fegato
    • della (il grasso che avvolge i reni)

 

Può invece essere consumato il grasso posto all’interno degli organi, delle masse muscolari o tra i muscoli e il grasso degli animali selvatici. Tale divieto impone agli individui di prestare attenzione alla selezione degli animali per mantenere alto il livello di lucidità, soprattutto quando il cibo deriva da un’azione violenta, affinché l’uomo non si abitui alla crudeltà dell’atto e sia consapevole del sacrificio dell’animale e del privilegio ricevuto dal Signore.

 

 

Il divieto di consumare membra tolte ad animali vivi:

Questa norma, che risale ai tempi di Noè, condanna ogni forma di crudeltà sugli animali e impone il rispetto per la loro sofferenza.

  

 

Il divieto di mangiare il nervo sciaticoquesto divieto

Ricorda la lotta di Giacobbe contro un’entità divina. Secondo la narrazione biblica, l'angelo toccò la coscia di Giacobbe, che, incapace di sconfiggerlo, chiese la sua benedizione. Appreso il suo nome, l'angelo lo ribattezzò Israele, che significa “colui che lotta con Dio”.. Tecnicamente il divieto si applica ai quadrupedi e riguarda entrambi i lati del nervo sciatico e del grasso che lo circonda.

La rimozione del nervo è un’operazione complessa, effettuata da una figura specifica, menaqqèr, motivo per cui molte comunità ebraiche evitano di consumare i quarti posteriori degli animali.

 

 

Il divieto di mischiare (cucinare e/o mangiare insieme) carne e latte: ripetuto tre volte nella Torah questo divieto impone di non cucinare, mangiare o trarre beneficio dalla mescolanza di carne (besarì) e latte (halavì).

 

 

Questi divieti non solo regolano l’alimentazione, ma servono anche da monito etico, ricordando la responsabilità dell’uomo verso gli animali e l’ambiente.

 

Come tutti i precetti ebraici, che spronano a rivestire di sacralità ogni atto della vita quotidiana, anche il cucinare kasher funge da stimolo alla ricerca interiore, favorendo un miglior rapporto nei confronti del suo prossimo e rispetto per la natura e gli animali.

 

 

 

La Certificazione Kosher

 

Le rigorose norme alimentari della religione ebraica rendono necessaria una certificazione che garantisca la conformità dei prodotti pronti al consumo. Le aziende devono ottenere una certificazione Kosher riconosciuta a livello internazionale per rassicurare i consumatori praticanti sulla conformità dei loro prodotti.

La certificazione Kosher garantisce che gli alimenti rispettino le norme della Kasherut, assicurando l’assenza di contaminazioni. Un prodotto Kosher certificato è sinonimo di trasparenza e qualità, con vantaggi anche per chi ha esigenze dietetiche particolari, come gli intolleranti a latte e carne o i celiaci.

Italy Kosher Union sottolinea l’importanza della certificazione, soprattutto in un contesto in cui i ritmi di vita moderni rendono difficile preparare i pasti secondo le regole tradizionali. Oggi la certificazione si applica a un'ampia gamma di prodotti, dagli oli ai cibi confezionati fino agli alimenti dietetici. Essa viene rilasciata da enti rabbinici che effettuano controlli periodici sulle materie prime, i metodi di produzione e il confezionamento, con la possibilità di revoca in caso di irregolarità.

 

L’estrema rigidità di queste norme ha reso la certificazione Kosher un marchio di qualità riconosciuto in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, la maggior parte dei consumatori di prodotti Kosher non è ebrea, ma sceglie questi prodotti per la loro garanzia di genuinità e purezza.

In Italia, tra gli enti certificatori spicca Kosher Italy, che offre un programma di certificazione riconosciuto a livello internazionale. La sua presenza è legata alla storica e costante presenza della comunità ebraica in tutto il Paese, dalle regioni settentrionali alle isole.

 

Bibliografia

  • Ceva E. Il pluralismo alimentare come problema filosofico. Notizie di POLITEIA, XXX, 114, 2014. ISSN 1128-2401 pp. 3-12
  • Cinganotto M. Le certificazioni nel settore alimentare: la valorizzazione della filiera. Università degli Studi di Padova, 2013
  • Decimo L. Le influenze religiose nel mercato di beni tra libertà giuridiche ed economiche. Calumet, 2018
  • Di Segni R. Guida alle regole alimentari ebraiche. Ed. Lamet, Roma 1996
  • Gatto G., Alimentazione e ritualità nelle tradizioni delle regioni italiane – Purezza, impurità, rischio. SMSR 80 (2/2014) 667-693
  • Tercatin R. (a cura di) La dieta kasher. Storia, regole e benefici dell’alimentazione ebraica. Ed. Giuntina, Firenze 2015
  • Toselli E. Kosher, halal, bio – Regole e Mercati. Ed. FrancoAngeli, Milano 2015
  • Vian A. Accoglienza halal e kosher a Venezia – Religiosità, certificazioni e strutture. Università Ca’ Foscari Venezia, 2016